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Il fondamentalista riluttante











L’undici settembre dieci anni dopo. I morti negli attentati, la guerra, le discriminazioni, il neo fondamentalismo islamico e una situazione sociale e geopolitica ancora da stabilizzare. Il cambiamento necessita di tempi lunghi e non è neanche sicuro che arrivi se prima non cambiano le mentalità di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda. Sono queste le premesse da cui parte "The Reluctant Fundamentalist", film tratto dall’omonimo best seller di Mohsin Hamid pubblicato nel 2007, ed ora portato sul grande schermo da Mra Nair.

La storia è quella di un serrato faccia a faccia tra un giornalista americano e un professore pakistano in un bar di Lahore, la capitale dello stato dell’Asia meridionale. Qualche ora prima è avvenuto il sequestro di un cittadino americano e il giornalista vuole sapere se il professore è in qualche modo implicato nella vicenda. Ecco allora un lungo flashback in cui ci viene raccontata l’infanzia dell’accademico, emigrato negli Stati Uniti per studiare e poi assunto da un grande studio di analisi finanziaria di New York. Tutto sembrava andare per il meglio finché l’11 settembre non cambiò la sua percezione del mondo e dell’America...

Mira Nair si confronta per la prima volta con una storia thriller e così, forse volontariamente, forse no, vira sul melodramma più convenzionale. Il confronto fra i due personaggi principali scende velocemente di intensità, mentre lentamente vengono proposte tutte le tappe che hanno portato il professore a trovarsi lì in quel momento.
L’argomento è ostico, in qualche modo si cerca di offrire una prospettiva credibile alle ragioni che spingono alcuni intellettuali islamici ad abbracciare il terrorismo, però la Nair e il suo team di sceneggiatori sciupano il tutto con dialoghi e ricostruzioni più che mai banali. Va bene la ricerca di "una terza via", ma si può generalizzare così tanto sul mondo capitalista e su quello islamico quando si parla di un argomento così serio? La scelta del cast, con un Riz Ahmed troppo giovane per sembrare un saggio professore che ne ha viste di tutti i colori e una Kate Hudson troppo grande per fare ancora la fotografa di strada con il cappellino alla rovescia, finiscono di completare il quadro di un film che sembra ben più lungo delle sue due ore ed otto e che finisce con il lasciare poco e nulla.

La frase:
"Lei dovrebbe essere più attento a come si sceglie le amicizie".

a cura di Andrea D'Addio

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