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The Proposition
La frontiera australiana come il selvaggio west statunitense. Questo è lo scenario di "The Proposition", diretto da John Hillcoat in una produzione congiunta inglese e neozelandese. 1880. Dopo il massacro di una famiglia di coloni l'ufficiale inglese cattura due dei tre fratelli Burns ed offre a Charles di liberare il fratello di quattordici anni se accetterà di uccidere Arthur, il carismatico fratello maggiore. Arthur viene descritto come uno psicopatico, per usare le parole dello sceriffo, come un "abominio". Ricorda vagamente il personaggio di una canzone di Nick Cave contenuto nel disco "Murder Ballads": Stagger Lee, un uomo che uccide solo perché è in grado di farlo. E questa non è una coincidenza perché Nick Cave è autore di questa potente sceneggiatura che mescola ansia di civilizzazione, valori familiari, dilemmi morali e molta, molta violenza. Il tutto sullo sfondo di un'Australia selvaggia, tra atmosfere cupe ed accecanti al tempo stesso, tra guide aborigene e lande immense e sconfinate. Queste ultime in particolare hanno un effetto profondo e percepibile sulla psicologia di Charles, interpretato da un Guy Pearce già avvezzo ai mutamenti della natura umana nelle terre di frontiera (si pensi al magnifico "L'insaziabile").
Spettrale ed anti-epico, "The Proposition" ricorda per certi aspetti il telefilm "Deadwood", serie televisiva che si può dire abbia davvero rivoluzionato il genere western negli ultimi anni. Nessun personaggio può dirsi davvero positivo, neppure Stanley, l'ufficiale che nella sua ansia di civilizzazione non rifugge all'uso di metodi ben poco civili. Il tutto ambientato in una terra che resiste con forza ad ogni intervento umano e che rimane ostile anche nel quotidiano, come sottolineato con insistenza dalla polvere e dai milioni di mosche che infestano il piccolo centro abitato protetto dall'ufficiale inglese. Indimenticabile l'incontro tra Charles ed il cacciatore di taglie Lamb (John Hurt), come pure il finale, climatico e sorprendente nella sua parossistica violenza. Non sempre la regia è all'altezza della sceneggiatura, ma in qualche modo quest'ultima riesce a compensare le mancanze della prima. Notevole ed evocativa la colonna sonora di Warren Ellis e dello stesso Nick Cave.
La frase: "Sono venuto in questa terra desolata ed il dio in me è evaporato".
Mauro Corso
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