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The PlaceLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato04 novembre 2017Voto: 8.0
C’è qualcosa di misterioso che aleggia per tutta la durata di “The place”, il nuovo film di Paolo Genovese ispirato alla serie tv americana “The Booth at the End”. Un misterioso uomo siede sempre allo stesso tavolo di un ristorante, pronto a esaudire i più grandi desideri di otto visitatori in cambio di determinati e spesso inquietanti compiti da svolgere. Quanto saranno disposti a spingersi oltre i protagonisti della storia per realizzare i loro desideri? È la risposta a questa domanda che spaventa, in un mondo in cui bene e male si mischiano senza che si manifesti una via d’uscita da tale realtà.
Il film di Paolo Genovese vede protagonista un cast d’eccezione, composto da Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Alba Rohrwaker, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, Silvio Muccino, Silvia D’amico, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi, Sabrina Ferilli e Giulia Lazzarin. Un cast che ha saputo interpretare i propri personaggi con intensa espressività e compostezza, senza mai risultare fuori parte. Primo fra tutti Valerio Mastandrea, il quale ha dato vita a una figura tanto enigmatica e brutale nelle richieste quanto desiderosa di ritrovare se stessa ed uscire da un mondo che lo obbliga ad essere insensibile e privo di emozioni. Parliamo di un uomo che nel corso della pellicola presenta un enorme cambiamento a livello emotivo: se prima appare distaccato da ciò che accade e freddo, al termine del film capiamo che, come tutti, anche lui ha un sogno da realizzare ed è disposto a fare qualunque cosa pur di realizzarlo. È proprio questo che rende il suo personaggio affascinante e ricco di sfumature. Tutto il film di svolge in un locale chiamato, appunto, “The place”, dove un uomo misterioso, di cui non conosciamo il nome, è seduto su una sedia e attende i suoi interlocutori. A colpire è il modo in cui Paolo Genovese, con una regia attenta al dettaglio e piena di inquadrature in primo piano che rendono con estrema profondità lo stato d’animo dei protagonisti, riesce a mantenere l’attenzione dello spettatore senza mai annoiarlo. Questo, nonostante la storia si verifichi in un unico luogo.
Nulla di quanto faranno gli otto personaggi ci viene mostrato attraverso le immagini, ma solo raccontato da ognuno di loro. Ciò ci permette di capire quanto una buona sceneggiatura, in alcuni casi, sia fondamentale. Lo spettatore si troverà di fronte a dialoghi accattivanti, talvolta agghiaccianti. Ogni battuta ha un suo perché, ogni richiesta è legata a quella precedente o successiva, ogni storia si intreccia con quella di un altro personaggio. In certi casi, però, i collegamenti tra le varie vicende risultano prevedibili, ma ciò non nuoce alla riuscita della pellicola. Questo perché è interessante scoprire come i protagonisti porteranno a termine le richieste a loro fatte e come riusciranno ad uscire da situazioni che in un primo momento potrebbero apparire impossibili da risolvere e mettere a rischio la realizzazione del proprio desiderio. Ogni personaggio è ben caratterizzato e ognuno di loro ha qualcosa da perdere o da voler conquistare, talvolta con risultati alquanto tragici. Un ritmo narrativo lento e una fotografia dalle tonalità prevalentemente cupe e fredde caratterizzano il film, la cui colonna sonora dona maggiore drammaticità all’intera storia. “The place” è molto più di un film drammatico originale, perché nasconde spunti di riflessione emotivamente forti e attuali: cosa si è disposti a fare per raggiungere il proprio obiettivo? Di tutto, anche se ciò significa diventare esattamente come l’uomo misterioso seduto a quel tavolino dove tutto prende vita. Perché sappiamo bene che in questo mondo tutto ha un prezzo, talvolta troppo caro per adempiere al proprio compito. È proprio qui che la coscienza dei protagonisti prende il sopravvento sulla parte irrazionale dell’uomo: è giusto privare di qualcosa qualcun altro per ottenere ciò che voglio?
La frase dal film:
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