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Palermo shooting
Finn, un talentuoso fotografo di Düsseldorf (Campino, il leader del gruppo musicale Die Toten Hosen) è in crisi. La sua esistenza è vuota, colmata dalla musica ad alto volume, dalle feste fino a tarda notte e da tanta gente attorno e altrettante telefonate. Ma le sue notti sono popolate di incubi pieni di simboli, in cui aleggia un presagio di morte e lo scorrere inesorabile del tempo verso un appuntamento irrinunciabile. A Palermo per fotografare Milla Jovovich (qui nel ruolo di se stessa) l’uomo, in giro per la città barocca, un mix affascinante di vita e morte, è seguito da un misterioso individuo incappucciato (Dennis Hopper) che attenta più volte alla sua vita, tramite arco e frecce. A Palermo, tra commistioni di reale e immaginario, Finn incontrerà una restauratrice italiana, Flavia (Giovanna Mezzogiorno).
Si resta sconcertati da come un regista dello spessore di Wim Wenders possa realizzare un film simile: sciatto, dalla sceneggiatura banale, scritta dallo stesso regista con Norman Ohler, che sfiora troppe volte il ridicolo, gli espedienti di frasi fatte e in cui gli attori, bravi o meno che siano, possono ben poco.
Palermo Shooting si salva dal dimenticatoio solo per la fotografia del genio di Franz Lustig, che ci ha regalato, tra le altre, la fotografia di "La terra dell’abbondanza" e di "Non bussare alla mia porta", due film di Wenders. Lustig fa parlare le immagini, anche là dove la sceneggiatura latita, regala scorci inusuali, che mescolano decadenza e vitalità, di una Palermo vista con occhi da innamorato, colta nei suoi vicoli, nei negozietti, nelle bancarelle di pesce, frutta e verdura di prima mattina, in portoni semiaperti che nascondono meraviglie inaspettate. Anche della Palermo dell’arte e dei monumenti, tra tutti i palazzi della piazza Quattro Canti e l’affresco che rappresenta il Trionfo della morte, dipinto nel quindicesimo secolo da un anonimo. Ma un film non è uno "shooting", non è solo un insieme di immagini ben colte o la summa di queste.
Il resto purtroppo è nulla, un tentativo di omaggiare - come scritto alla fine - maestri quali Ingmar Bergman e Michelangelo Antonioni, morti lo stesso giorno, il 30 luglio del 2007. Lo si nota nei sogni, negli incubi surreali, che possono rammentare, molto alla lontana, per luci e tematiche, Il posto delle fragole di Bergman e, perché no?, anche "Io ti salverò" di Alfred Hitchcock (il sogno con Gregory Peck disegnato da Salvador Dalì); lo si nota nel significato dato al "lavoro" del fotografo, come colui che più di ogni altro deve affrontare il senso del vero e del reale. Ma i paragoni si fermano qui: Palermo Shooting è, ci spiace dirlo, un imbarazzante insieme di luoghi comuni, sulla vita e la sua fine, l’ennesima partita a scacchi con la morte. Purtroppo mal riuscita.
Come possa il regista de "Il cielo sopra Berlino", ma anche, più recentemente, di quel "road movie" nostalgico di un’America che non c’è più, che è "Non bussare alla mia porta", aver girato un film simile resta un mistero.
Colonna sonora straordinaria da Lou Reed a Nick Cave, dai Porthishead agli U2 e a molti altri. Anche Fabrizio De André (Quello che non ho).
La frase: "A furia di occuparsi dei particolari si finisce con lo smarrire l’insieme nella sua completezza".
Giulia Baldacci
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