The Impossible
Storia vera, riadattata giusto un po’ nei personaggi per puntare al grande pubblico. Parliamo di quella vissuta da una famiglia spagola, padre, madre e tre giovanissimi figli, che si trovavano nel sudest asiatico il giorno del tragico tsunami, quello del 26 dicembre 2004.
Il se e come si salvarono è al centro di "The Impossible" nuovo film del regista Juan Antonio Bayona, lo stesso del bellissimo "The Orphanage".
Dicevamo dei personaggi riadattati. Da spagnoli sono diventati anglo-americani. Del resto la più grande produzione spagnola di sempre, 45 milioni di dollari, non può puntare solo al mercato locale per rientrare dell’investimento. Ecco quindi star del calibro di Ewan McGregor e Naomi Watts e l’inglese a far da padrone nei dialoghi. Poco importa, qui al centro del tutto c’è azione e dramma, sacrificio e riconciliazione. Nonostante già dalla locandina sia chiaro l’esito della vicenda, Bayona riesce a mantenere altissima la tensione per tutte le circa due ore di pellicola, amalgamando al meglio la spettacolarità dello tsunami con il dramma dell’intima storia familiare. Alcune scene, come quella della Naomi Watts nell’acqua è degna dei migliori film horror, poche volte un annegamento era stato rappresentato con una tale perfezione nella gestione delle luci e della fluidità dei corpi. Roba da applausi così come si rimane a bocca aperta davanti alle prime immagini dell’onda anomala. 45 milioni di budget sono molti, ma non moltissimi (negli States per un film apocalittico come questo la cifra sarebbe stata circa il doppio), ma Bayona riesce a non limare su nulla quanto a spettacolarità. Per il resto "The Impossibile" è un tripudio di buoni sentimenti, ma è pur vero che in situazioni come quelle che fanno da sfondo a quella vicenda escono fuori anche le migliori qualità dell’uomo. Proprio per questo è difficile criticare qualcosa a Bayona e al suo sceneggiatore Sergio G. Sànchez che, al contrario, riescono a rendere appassionante una storia fin troppo apparentemente lineare.
Complice un personaggio costretto a rappresentare sulla sua pelle il dolore di una ferita via via più grave, Naomi Watts ritorna finalmente ad interpretare un personaggio intenso e degno del suo talento. Mcgregor fa il suo con il solito ruolo del padre modello.
Certo, il finale, con tutta quell’ostentazione di denaro e di divisione tra ricchi e poveri (in un aereo entra ben più di una barella) rischia di suggerire il messaggio che chi ha i soldi si salva, chi non ce li ha si attacca, ma essendo una storia vera c’è poco da questionare. Al massimo si poteva finire il film un pochino prima.
La frase:
"Ti piace guardare le stelle?".
a cura di Andrea D'Addio
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