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The Iceman











Al pubblico italiano il nome di Richard Kuklinski non dice molto. Invece negli Stati Uniti Kuklinski è uno dei più famosi killer a contratto dei nostri giorni. Dopo l'arresto ha dichiarato in più di un'occasione di aver ucciso più di cento persone. Durante la sua parabola criminale è stato impiegato da una delle più famose famiglie mafiose, i famigerati Gambino.

Il film di Ariel Vromen ricostruisce la vicenda di Kuklinski muovendosi su un doppio binario. Da una parte mostra il volto pubblico di Kuklinski, specialmente nello scenario familiare, nell'unico ambiente che cerca di proteggere a tutti i costi. L'altro lato di Kuklinski è quello che dà il titolo al film, l'uomo di ghiaccio, incapace di provare pietà anche per se stesso. Una delle scene più frequenti vede il protagonista con una pistola a pochi centimetri dal viso. Kuklinski in quei casi non fa neanche una piega e si preoccupa al massimo di portare i problemi lontani da moglie e figlie.

Muovendosi con un budget molto ridotto ("appena" dieci milioni di dollari), Vromen cerca di costruire un film biografico con tutte le caratteristiche del gangster movie. Il cast è davvero nella parte e notevole sotto ogni aspetto, iniziando con Michael Shannon nel ruolo principale e finendo con Ray Liotta. Ci sono diverse sequenze convincenti, come un inseguimento in automobile in cui Kuklinski perde la testa e l'atmosfera degli anni 70 è resa in maniera piuttosto vivida. Resta solo il dubbio sul significato del film. Si rischia costantemente di uscire dall'indagine psicologica sulla doppia vita per entrare in forme strane di santificazione di un personaggio quanto meno discutibile. Alla fine del film, prima dei titoli di coda, viene persino mostrata una fotografia del vero Kuklinski con le date di nascita e morte. Un tocco di cattivo gusto che si poteva francamente evitare.

La frase:
"Puoi andare alla fine dell'isolato? C'è la mia famiglia là dentro".

a cura di Mauro Corso

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