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The Hunted - La preda
William Friedkin non molla e torna al cinema per parlare ancora una volta dell'eroe, reso più vulnerabile ed umano perché sofferente e tormentato. Nella sua ultima prova il regista americano racconta del rimorso e della follia, mettendo a confronto due uomini che per motivi e in modi diversi, sono stati costretti nel passato a venire a patti con la violenza come unica soluzione per la sopravvivenza.
La storia raccontata dall'autore de "L'esorcista", "Vivere e morire a Los Angeles" e "L'albero del male", prende avvio da due direzioni diverse.
La prima nella violenza inaudita della guerra del Kosovo del '99, dove il soldato speciale Aaron Hallam è mandato per uccidere uno dei generali del paese e in seguito nei boschi dell'Oregon, dove tre anni dopo il soldato ormai 'cane sciolto' delle Forze Speciali, protegge a modo suo la fauna da cacciatori super-attrezzati.
La seconda invece inizia nel silenzio delle montagne innevate della British Columbia, dove L.T. Bonham è sulle tracce di un lupo bianco per aiutarlo a liberarsi dalla trappola in cui è caduto.
Due personaggi all'opposto eppure simili perché entrambi perseguitati da incubi e ricordi del passato, che affliggono irrimediabilmente il loro presente. L.T., ex-insegnante di tecniche di sopravvivenza, dovrà riuscire a fermare il suo ex-allievo Aaron che la brutalità delle esperienze ha trasformato in un uomo dissennato.
Con le radici facilmente rintracciabili in precedenti illustri come "Rambo" o "Il Fuggitivo", il film firmato da Friedkin non aggiunge e non toglie alcunché al genere. Al contrario. Così fortemente ispirato ai suoi predecessori, la sua 'Preda' offre solo qualche goccia di sangue in più e uno spettacolare salto dal ponte della Portland Intestate nel fiume Williamette, impresa riservata all'ispanico Del Toro. Quest'ultimo, lontano miglia dall'intensità che ci aveva regalato in "Traffic", non è granché sostenuto dalla sceneggiatura che, oltre a volerlo spesso con il viso nero di fuliggine, lascia poco spazio alla sua eventuale versatilità, affidandogli il ruolo di un pazzo dalla mente ottenebrata, in grado solo di pensare a come fuggire al suo risoluto inseguitore.
Nessuna crudeltà è risparmiata. La macchina da presa segue gli scontri dei due protagonisti senza allontanarsi troppo dai corpi in movimento, che mescolando arti marziali e lotta libera, e muniti di affilati coltelli, incidono profondamente l'uno le carni dell'altro, mentre il sangue scende copioso.
Ma ancor più brutali sono proprio quelle teorie di sopravvivenza, attraverso le quali L.T. insegna ai suoi allievi come annientare il nemico incidendone il corpo con sette colpi. Sarà forse per i venti di guerra con i quali dobbiamo oggi fare i conti, ma quelle tecniche così precise sono la parte più difficile da sostenere.
Valeria Chiari
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