The free Will
Theo è uno stupratore. Dopo nove anni di prigione per avere picchiato selvaggiamente e violentato tre ragazze, Theo viene mandato in una specie di casa comunità per tentare di ricostruire la propria vita e la propria psiche turbata. Inizia a lavorare come macchinista in una tipografia. Lentamente però l'uomo si accorge di non riuscire a controllare le sue pulsioni, e sente riaffiorare lentamente quella bestialità che lo aveva quasi costretto a compiere quei delitti. Nel frattempo conosce Nettie, figlia del suo datore di lavoro in tipografia, che ha subito da sempre le pressioni ed i ricatti psicologici del padre. I due tentano di innamorarsi, ma è possibile?

Il film si apre con una sequenza di stupro di grande violenza e brutalità. Ormai il cinema da oltre quindici anni a questa parte ci ha abituato a sequenze del genere. E tuttavia non si può fare a meno di chiedersi quale possa essere la valenza artistica di una tale estetizzazione di uno dei peggiori delitti contro la persona. Tanto più che dopo la prima scena Theo sembra già profondamente mutato, pur se sempre in profondo stato di alterazione emotiva. Quello che sembra trasparire dalle difficoltà dell'uomo a vivere normalmente è proprio l'impossibilità di controllarsi, come se un imperativo interiore lo spingesse a compiere azioni odiose. Si può parlare in questo caso di libero arbitrio o di possibilità di scelta quando qualcuno non è padrone dei propri pensieri? Questo sembra chiedersi il regista tedesco Matthias Glasner, che però non sembra molto preoccupato del punto di vista delle vittime, a cui anzi attribuisce in un caso atteggiamenti piuttosto violenti, e non contro lo stupratore. La pellicola in realtà non è costruita sul solo Theo ma anche su Nettie, che dimostra affetto nei confronti di Theo anche dopo aver appreso del suo terribile passato. Ma la potenza dell'interpretazione di Sabine Timoteo tende a risolversi in grida lancinanti che metteranno a dura prova la resistenza uditiva dello spettatore più paziente. Per il resto vediamo un susseguirsi sostenuto di scene crude, pornografiche e violente inframmezzate da momenti in cui i protagonisti si rendono conto della propria incapacità comunicativa. In quanto all'efficacia della soluzione fornita dall'autore per sfuggire al circolo vizioso della predetestinazione, lasciamo il giudizio allo spettatore. Se ha il coraggio di affrontare due ore e quarantacinque di questo tenore.

La frase: "Lei mi piace, ma allo stesso tempo non mi piace, capisci?".

Mauro Corso

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