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The Fog - Nebbia assassina
Ad Antonio Bay, piccola cittadina della California, si sta per svolgere la festa del centenario della fondazione, ma gli spettri dei marinai lebbrosi che occupavano la Elizabeth Dane, nave affondata cento anni prima in prossimità del posto, a causa dell'avidità degli abitanti, sono tornati assetati di vendetta, intenti a riscuotere il loro tributo di sangue, nascosti in una fitta nebbia.
Questa, a grandi linee, fu la trama di "Fog" (1980), uno dei titoli più noti diretti dal maestro della paura John Carpenter, la quale, sotto la sua produzione, al fianco di David Foster e della compianta Debra Hill, torna ora in un rifacimento per mano di quel Rupert Wainwright che in fatto di orrori su pellicola già si occupò di "Stigmate" (1999) e del televisivo "Wolf lake" (2001). E l'incipit di "The fog-Nebbia assassina" presenta anche una certa inquietudine, ma, a partire dalla sequenza successiva, ambientata in pieno giorno, ci rendiamo subito conto del fatto che il territorio cinematografico che stiamo "esplorando" si distacchi notevolmente da quello a cui apparteneva il prototipo carpenteriano. Immancabile, ovviamente, l'avvolgente nebbia che funge da soffocante involucro attraverso cui il male agisce, e sono ancora presenti i vari segnali premonitori che precedono il suo arrivo; ma che fine ha fatto quell'affascinante, grigia atmosfera che il regista di "Halloween-La notte delle streghe" (1978), supportato dall'ottima fotografia di Dean Cundey, seppe abilmente costruire, ricordando non poco le ghost-stories di un tempo? Il film di Wainwright, che vede il numero delle vittime salire già a meno di trenta minuti di visione, ma nel quale l'attacco vero e proprio da parte dei ritornanti avviene dopo oltre un'ora, privilegia, in particolar modo nei momenti diurni, un certo look da teen-comedy estiva, con tanto di canzoncine pseudo-rock nella colonna sonora, tra ritmi quasi televisivi e situazioni horror che, al di là di qualche riuscito corpo carbonizzato, raramente riescono a coinvolgere lo spettatore. Al posto degli originali Tom Atkins, Jamie Lee Curtis e Adrienne Barbeau, vere e proprie icone del cinema della paura degli Anni Ottanta, troviamo, rispettivamente, il Tom Welling di "Smallville", la Maggie Grace di "Lost" e quella Selma Blair vista in non pochi lungometraggi rivolti ai giovani, da "Cruel intentions" (1999) a "Hellboy" (2004). Un cast di giovani e belli, quindi, che non potrà fare a meno di far storcere il naso agli estimatori del classico del 1980, come pure il fastidioso epilogo romantico (non una cattiva idea, ma del tutto inadeguato ad un remake di questo tipo) e, soprattutto, il look degli spettri, i quali, da sanguinari zombies armati di uncini, si ritrovano ora trasformati in fantasmi realizzati in CGI, quando non si manifestano come presenze invisibili, che tanto ricordano quelli jacksoniani di "Sospesi nel tempo" (1996) e del terzo capitolo della trilogia de "Il Signore degli Anelli".
Si tratterà pure di stratagemmi volti a rendere il prodotto adatto al pubblico dei giovanissimi affamati di storie di mostri su celluloide, ma quanto tutto ciò potrà far bene al genere?
La frase: "Li ha uccisi, la nebbia li ha uccisi".
Francesco Lomuscio
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