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The Flowers Of War











Il punto più degno di nota di questo film è evidente: la partecipazione di una stella internazionale come Christian Bale a una delle più grandi produzioni cinematografiche cinesi di tutti i tempi.
L'ambientazione è la Nanchino dell'invasione giapponese: la città è devastata, vengono commesse razzie, distruzioni e atrocità di ogni genere. Due gruppi di donne, alcune studentesse e le prostitute di un bordello vicino; si rifugiano all'ombra di una cattedrale cattolica. John Miller, "truccatore di morti", si trova suo malgrado a diventare protettore di questi due gruppi così eterogenei.

Una delle cose che colpiscono di più di questo nuovo lavoro di Zhang Ymou è la ferocia particolare in cui sono dipinte le forze di occupazione giapponese. In questo film sono dipinti come esseri bestiali privi di morale, più simili a demoni con fattezze umane piuttosto che a esseri umani. Il luogo in cui si svolge la tragedia è un microcosmo, un'isola di pace temporanea e instabile in un oceano di distruzione. Christian Bale recita bene nella parte del finto prete improvvisatosi salvatore, e si inserisce in maniera adeguata in un racconto di redenzione personale e collettiva. Per i giapponesi invece non c'è alcuna salvezza, non una sola voce discorde nell'eseguire ordini atroci e disumani. E' difficile dire se in questo ritratto ci siano logiche culturali o politiche, resta il fatto è che in tale rappresentazione qualcosa stona.

Per quel che riguarda il film in senso stretto, la prima parte è incisiva, ricca di trovate visive e di movimento, con sequenze degne del miglior Zhang Ymou. Nell'ultima ora (che avrebbe necessitato di qualche taglio) il ritmo scade, la regia diventa convenzionale priva di immaginazione, alcune sequenze cadono nel cattivo gusto e nell'estetica del negozio di chincaglierie. Un colossal dunque mal riuscito, o riuscito solo in parte, che non giustifica del tutto la presenza di Bale.

La frase:
"Mia nonna dice che i giapponesi non sanno nemmeno contare".

a cura di Mauro Corso

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