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L'A.S.S.O. nella manica











Il titolo italiano può inevitabilmente richiamare alla memoria quello del grande classico interpretato da Kirk Douglas sotto la regia di Billy Wilder, ma quei punti posti tra una lettera e l’altra provvedono a fare la differenza, in quanto A.S.S.O. fa in questo caso da sigla ad una precisa definizione: Amica Sfigata Strategicamente Oscena.
L’amica che le studentesse Casey e Jess – ovvero la Bianca A. Santos di “Ouija” (2014) e la Skyler Samuels di “Puzzole alla riscossa” (2010) – hanno forse messo accanto a loro per risultare ancora più attraenti e che corrisponde al nome di Bianca: ragazza acqua e sapone cui concede anima e corpo la Mae Whitman di “Boogeyman 2 – Il ritorno dell’uomo nero” (2007) e che, una volta scoperto il poco gratificante soprannome che le è stato affibbiato, decide di legarsi al tanto furbetto quanto innocuo Wesley alias Robbie Amell, il muscoloso della scuola, con il fine di acquisire la sicurezza e la fiducia necessarie per attirare l’attenzione di Toby e affrontare la temibile Madison, rispettivamente incarnati dal Nick Eversman di “Wild” (2014) e dalla Bella Thorne di “Insieme per forza” (2014).
E, sotto la produzione di McG, regista di “Charlie’s angels” (2000) e “Terminator salvation” (2009), è dal libro “Quanto ti ho odiato” scritto dalla appena diciassettenne Kody Keplinger che il televisivo Ari Sandel è partito per mettere in piedi la circa ora e quaranta di visione, al cui interno trovano spazio anche il Ken Jeong di “Una notte da leoni” (2009) nei panni del professor Arthur e la Allison Janney di “Juno” (2007) in quelli di Dottie, sorta di guru e motivatrice autodidatta, nonché esilarante madre (abbandonata dal marito) della protagonista.
Protagonista che non esita a citare nomi mitici dell’horror su celluloide quali Vincent Price e Bela Lugosi e che sfoggia sulle pareti della sua stanza locandine di cult del calibro di “Zombi 2” (1979), “L’occhio nel triangolo” (1977), “Il dottor Miracolo” (1932) e “Maniac” (1980); mentre i suoi tentativi di “evolversi” dallo status di emarginata tutt’altro che attira-maschi rischiano di ricordare, inizialmente, i plot alla base di pellicole quali lo sconosciuto “La ragazza che voglio” (1990) di David DeCoteau e il nostro “Come tu mi vuoi” (2007) di Volfango De Biasi.
Soltanto inizialmente, però, perché in questo caso ad essere fondamentale non è il mutamento dell’aspetto esteriore, bensì di quello interiore; man mano che una minima influenza da parte di determinati lavori di Bobby e Peter Farrelly (autori di “Amore a prima svista” e “Libera uscita”, per intenderci) sembra lasciarsi avvertire nel corso di un elaborato che, in fin dei conti, non manifesta altro che i connotati di simpatico derivato d’inizio terzo millennio delle teen comedy sfornate dal compianto John Hughes negli anni Ottanta.
Simpatico derivato che, tra “Bad reputation” di Joan Jett and the Blackhearts inclusa nella colonna sonora, un omaggio su piccolo schermo al popolare cartoon “I Simpson” e cyberbullismo perennemente in agguato, diverte a sufficienza (citiamo solo la sequenza a cena in casa del citato Toby) e riesce nell’impresa di ribadire il fondamentale concetto secondo cui esclusivamente noi possiamo definire noi stessi... pur trasmettendo più volte l’impressione di una certa perdita di senso del ritmo durante il suo secondo tempo.


La frase:
"Non solo ero l'A.S.S.O. più famoso della scuola, ero anche la più odiata".

a cura di Francesco Lomuscio

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