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Paradiso amaro











Fresco vincitore di due Golden Globe (miglior film drammatico e miglior attore protagonista, George Clooney) "Paradiso amaro" si prepara alla corsa agli Oscar tra i favoriti; certi di un sicuro successo i distributori italiani faranno uscire la pellicola il 17 febbraio, fiduciosi del traino che gli Oscar portano sempre con sé.
Il film, basato sul un romanzo di Kaui Hart Hemmings, è un dramma familiare che vede George Clooney nei panni, insoliti per l’attore, di un padre di famiglia, grigio e assente, costretto dal coma irreversibile della moglie a ripensare alla sua vita e a ristabilire un rapporto con le due figlie. Clooney è incredibilmente bravo nello smettere i panni del seduttore piacione e indossare quelli di Matt, un uomo apatico, senza ambizioni, senza passioni e indifferente alla famiglia. Anche se molto ricco lavora come avvocato, mantenendo in tutto un basso profilo, non tanto per scelta o vocazione personale, ma per seguire le orme già tracciate dal padre. Pensa che la sua vita sia perfetta, solo perché non vuole vedere quello che succede intorno a lui, è indifferente ai segnali di insofferenza della moglie Elizabeth, donna forte e risoluta, o ai disastri che combinano le due figlie: l’adolescente Alexandra e Scottie di 10 anni.
Nel film tutto questo però non viene mostrato esplicitamente, Elizabeth è fin dalla prima scena in coma, intubata in un letto di ospedale, Matt si trova fin da subito immerso nel dramma che sconvolgerà la sua vita e gli farà rivedere tutti i suoi progetti.
Fortunatamente non abbiamo flash back che ci mostrano un prima e un dopo, Alexander Payne, che è un maestro nel mostrare la natura umana con tutte le sue debolezze e sfaccettature, non ha bisogno di digressioni, gli bastano i rapporti tra i personaggi, i primi piani insistiti, i dialoghi perfetti, per restituirci tutta l’umanità e la normalità di una famiglia straziata dal dolore, in cui non ci sono né buoni, né cattivi, ognuno con le proprie mancanze e le proprie colpe, dove la tragedia imporrà a tutti di fare un percorso di dolorosa conoscenza di sé e dell’altro.
La regia di Payne è sobria, ma che riesce a restituirci momenti di incredibile e profondissima commozione, quando Alexandra, da tempo arrabbiata con la madre, in piscina scopre che la donna non potrà mai più riprendersi dal coma si immerge nell’acqua e urla, è una scena straziante, evocativa e molto simbolica, che da sola basterebbe a giustificare la vittoria ai Golden Globe. Vedremo quanto sapranno apprezzarlo anche i membri dell’Academy.

La frase:
"I miei amici sono tutti convinti che – dato che abito alle Hawaii – vivo in un paradiso. Come se fossimo sempre tutti in vacanza, a bere Mai Tais ancheggiando sulla spiaggia e a tuffarci fra le onde. Ma sono matti?".

a cura di Elisa Giulidori

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