Il risveglio delle Tenebre
Di fronte a film come Il risveglio delle tenebre viene naturale porsi la domanda “se il fantasy è un genere che vende, perché i produttori non si impegnano a realizzare dei prodotti di qualità, o almeno a rispettare minimente i libri dai quali sono tratti”? Per la verità è davvero poco agevole parlare male di un nuovo film fantasy, prodotto evidente dell’onda lunga del Signore degli anelli e di Harry Potter evitando i soliti luoghi comuni di una critica snob che non risparmia commenti sprezzanti al pubblico al quale questa pellicola è rivolta.
Francamente, le recensioni di queste pellicole sono tutte uguali.
Così, per una volta, sarebbe bello fare l’apologia del nerd, del brufoloso e dello smanettone, che sa tutto di ogni universo fantastico umanamente concepibile e che passa le sue giornate immerso nella sua raccolta di carte coloratissime, tra miniature impeccabilmente colorate e compreso nella preparazione di giochi “di ruolo” che fin troppo spesso confinano con il satanismo agli occhi di chi non ne sa nulla. Ebbene, questo pubblico invisibile ma che fa sentire a pieni polmoni la sua voce e nei blog non è una massa ignorante e acritica, pronta a nutrirsi di qualunque sconcezza prodotta dai mercanti di Hollywood, ma un conglomerato di individui esigenti e raffinati pronta a far passare per il lanciafiamme da forum ogni regista che osi offendere il loro sofisticato senso estetico. Il secchione, per antonomasia, ricerca con meticolosa accuratezza ogni aspetto della propria passione (provate a mettere una spada del XVII secolo in un film medioevale!), ed è attento a riconoscere richiami, citazioni... e plagi belli e buoni con una perspicacia tra l’altro invidiabile.
Certo, la lotta tra bene e male è una costante del fantastico, quindi ormai la cosa più importante è vederne la trattazione. Ora nessuno ama trovarsi di fronte a un film pensato (scritto, diretto) per un bambino di sei anni... a meno di non essere un bambino di tale età naturalmente. La parte davvero più penosa sono però i dialoghi, sospesi in un equilibrismo che passa agilmente dal banale allo scontato fino allo zuccheroso. La trama vera e propria sembra un atroce pout pourri di qualunque film fantastico a cui si possa pensare, trattata rozzamente e in maniera frammentaria. Peccato per la brava Frances Conroy (la spettacolare madre di “Six feet under”) qui pietrificata in un ruolo non suo.
Per il resto c’è davvero molto poco da dire, se non che di film e di libri su prescelti ce ne sono stati anche troppi. È facile pensare che qualunque smanettone dotato di buon senso piuttosto che vedere questa “cosa” preferisca tornarsene a giocare a “Bard’s Tale” (vecchio gioco per consolle) cantcchiando tra sé e sé “essere un prescelto porta una sfiga bestiale”.
La frase: "So volare?".
Mauro Corso
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