The Dark
Ispirandosi al romanzo Sheep di Simon Maginn, John Fawcett, conosciuto dagli amanti del cinema horror soprattutto per aver diretto nel 2000 il capostipite della trilogia Ginger snaps/Licantropia, torna al genere con "The dark", il quale apre presentandoci la newyorchese Adèle (Maria Bello), in viaggio in automobile insieme alla figlia Sarah (Sophie Stuckey) per raggiungere il marito James (Sean Bean), da cui è separata, trasferitosi in una vecchia fattoria in Galles. E, mentre a spadroneggiare è una efficace, grigia atmosfera, enfatizzata dalla bella fotografia di Christian Sebaldt (Resident evil: Apocalypse), Adèle cerca di ricostruire la famiglia di un tempo, ma i suoi peggiori incubi si materializzano dal momento in cui Sarah viene tragicamente portata via dalle onde del mare. Quindi, con ampio uso di riprese a mano ed immancabile alternanza di piani sonori volta a far balzare lo spettatore dalla sedia, Fawcett ci trascina all'interno di un vero e proprio involucro d'inquietudine, supportato anche dalla desolazione emanata dai paesaggi del Galles, e, tra flashback, visioni e sequenze oniriche, ci porta prima a conoscenza di un'antica leggenda locale che narra di una terra eterea chiamata The dark, immagine rovesciata e distorta del mondo reale, poi di una misteriosa bambina di nome Ebrill (Abigail Stone), la quale sembrerebbe in verità essere deceduta cinquanta anni prima.
Il tutto, per un'avvincente allegoria in salsa horror su celluloide relativa all'abbandono dei figli ed all'istinto di genitore che, con vaghi richiami all'ormai classico "...e tu vivrai nel terrore!" "L'aldilà" (1981) di Lucio Fulci (impossibile non pensarlo nel momento in cui entra in scena la ragazza dagli occhi bianchi), si riallaccia di sicuro alla recente moda delle ghost-stories orientali e spagnole, tempestate di fantasmagoriche fanciulle e cupe dimore, risultando però nettamente superiore sia ai vari derivati di "The ring" e "The grudge", sia agli ultimi lavori di Jaume Balagueró e connazionali. E l'inaspettato epilogo tutt'altro che consolatorio, unito anche al sapiente uso di indispensabili personaggi di contorno come l'agricoltore Dafydd (Maurice Roëves), ne fanno un elaborato sicuramente non inferiore al già ottimo Ginger Snaps e, contemporaneamente, uno dei migliori prodotti distribuiti sino ad oggi da Mediafilm.

La frase: "Uno dei vivi, per uno dei morti".

Francesco Lomuscio

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