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Quella casa nel bosco











Dopo una brevissima introduzione, il titolo compare all’improvviso, accompagnato da una nota musicale sparata ad altissimo livello, nella maniera di diverse pellicole dell’orrore degli anni Settanta.
Ma, sebbene il primo incontro che fanno i cinque giovani protagonisti in viaggio – tra cui il Chris Hemsworth di "Thor" (2011) – sia quello con il tutt’altro che rassicurante proprietario di una vecchia pompa di benzina, probabile parente della famiglia di cannibali di "Non aprite quella porta" (1974), è all’interno di un isolatissimo chalet tra i boschi in stile "La casa" (1982) e non distante da un laghetto alla "Venerdì 13" (1980) che si ritrovano a trascorrere il week-end.
Quindi, complice anche l’immagine degli zombi che emergono dal terreno, proprio come quelli de "Il ritorno dei morti viventi" (1985) di Dan O’Bannon, è soprattutto l’intramontabile horror su celluloide del decennio successivo a tornare alla memoria nel corso dei circa 95 minuti di visione che costituiscono l’esordio dietro la macchina da presa per Drew Goddard, sceneggiatore dell’atipico monster-movie "Cloverfield" (2008) e che, in questo caso, firma anche lo script insieme al produttore Joss Whedon, ovvero il creatore dell’ammazza-vampiri Buffy.
Script volto a svilupparsi parallelamente tra la terrificante avventura del quintetto, alle prese con sanguinari esseri soprannaturali pronti a cancellarli dalla faccia della Terra, e un gruppo di tecnici che, dall’interno di una sala operativa, scrutano e, spesso, controllano, ogni loro mossa.
E non si tratta né del solito slasher-movie, né dell’ennesimo "Grande fratello" in salsa violenta, bensì di un’indescrivibile odissea che, tirando in ballo con ritmo serratissimo e indispensabile ironia spettri, licantropi e altro "mostrame" assortito, cita perfino le ghost-story orientali "proto-The ring" (1998) e i cenobiti della serie barkeriana "Hellraiser"; trasmettendo le emozioni di una giostra impazzita da grande schermo grondante il liberatorio splatter tipico dell’epoca di Freddy Krueger, anziché l’estenuante sadismo di quella di Jigsaw.
Una giostra impazzita tutt’altro che gratuita e prevedibile che, al contrario, demolisce le convenzioni del genere caro a Dracula e Frankenstein per analizzarne con intelligenza il significato e, allo stesso tempo, relazionarlo tramite una forte venatura di pessimismo all’eterno dilemma dell’umanità.
Perché, come giustamente recita la locandina, "Tu credi di conoscere la storia"... ma non è così e, considerato l’eccellente esito in un’era in cui la produzione cinematografica comunica di continuo l’impressione di aver esaurito le proprie cartucce, è lecito pensare che il primo lungometraggio di Goddard rischi di assumere lo status di film di paura definitivo.

La frase:
- "Abbiamo benzina a sufficienza"
- "Per arrivarci sì, per tornare indietro sono fatti vostri".

a cura di Francesco Lomuscio

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