The bridge
Il Golden Gate, il ponte di San Francisco, una delle sette meraviglie del Mondo: il posto che ha il maggior numero di suicidi all'anno. "The bridge" di Eric Steel documenta la morte, in presa diretta, di ventiquattro persone che nel 2004 hanno deciso di porre fine alla loro vita gettandosi dal monumento metallico. Una pellicola inquietante quanto struggente che prova a raccontare la disperazione di quei gesti, attraverso le testimonianze di amici e parenti degli scomparsi.
La domanda che ci si pone guardando il documentario di Eric Steel è: "come mai proprio il Golden Gate per suicidarsi?". Una domanda seguita da altri dubbi sulle misure di sicurezza di uno dei luoghi di maggior attrazione per i turisti o sulla mancanza di interesse che, in qualche strano modo, si respira dalle stesse persone che vedono e vivono direttamente quei gesti disperati. "The bridge" non dà risposte a questi quesiti, limitandosi a mostrare una lunga serie di interviste alternate a immagini del ponte. Proprio dell'aspetto visivo colpisce il contrasto che si viene a creare tra il monumento e la vita che lo circonda (ad esempio le immagini che mostrano bambini che giocano a pallone mentre in lontananza qualcuno ha deciso di compiere il salto, o altre che fanno vedere la città che continua a "vivere" pur avendo sullo sfondo quel luogo di morte). Il Golden Gate diventa così un luogo maledetto, una sorta di mostro metallico portatore di morte: con la sua nebbia che lo avvolge tutto; con il vento che soffia forte e violento sui suoi pilastri; con la sua indifferenza, filtrata attraverso il traffico frenetico delle automobili che lo attraversano. Angosciante, come le scene che ritraggono questi "voli" della disperazione: urla silenziose di vite mai realmente vissute.
Questa di Eric Steel è una pellicola di grande impatto e di grande smarrimento, tanto che definirlo un "bel documentario" risulta riduttivo quanto inutile: di fronte alla morte e alla disperazione ogni forma di commento perde di significato, divenendo un inutile gioco intellettivo.
Infine, come giustamente afferma una delle persone intervistate, il "ponte" è già di per sé un elemento semantico di contrasto: in quanto espressione del "romantico", ma allo stesso tempo rivelazione del dramma. Esso collega artificialmente due luoghi altrimenti distanti e ne promette l'unione, ma essendo questa forzata, finisce per deludere le aspettative. Il "ponte" visto come luogo di incontro e di passaggio allo stesso tempo, un non-luogo quindi, un limbo dove perdersi e lasciarsi andare.
La frase: "…Era una giornata strana…".
Diego Altobelli
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