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The Bourne Legacy











Che Matt Damon non sarebbe tornato a vestire i panni di Jason Bourne, l’ex agente segreto della CIA risvegliatosi privo di memoria in "The Bourne identity" (2002) di Doug Liman e tornato in azione in "The Bourne supremacy" (2004) e "The Bourne ultimatum" (2007), entrambi diretti da Paul Greengrass, era cosa nota già da tempo.
Questo quarto capitolo della serie cinematografica basata sull’universo ideato da Robert Ludlum, infatti, pone da parte il personaggio del titolo per far entrare in scena quello di Aaron Cross, il quale, con le fattezze del Jeremy Renner di "The avengers" (2012), è uno dei sei agenti segreti addestrati a svolgere compiti isolati, ad altissimo rischio, appartenenti a un programma di nome Outcome, creato a esclusivo appannaggio del Dipartimento della Difesa.
Ma, ovviamente, è ciò che è avvenuto nei tre episodi precedenti ad accendere la miccia delle oltre due ore e dieci di visione che lo vedono impegnato in una lunga, turbolenta fuga affiancato dalla scienziata Marta Shearing, interpretata dalla vincitrice del premio Oscar Rachel Weisz e operante nel laboratorio in cui sono state sviluppate le innovative tecnologie alla base di Outcome.
E, mentre ritroviamo diversi volti già presenti nella saga, da Joan Allen ad Albert Finney, passando per Scott Glenn e David Strathairn, è il mai disprezzabile Edward Norton a concedere anima e corpo al colonnello Eric Byer, direttore dell’agenzia segreta NRAG (National Research Assay Group), intento a eliminare chiunque sia legato al programma nel corso di un intrigo su celluloide destinato a costruirsi su una ben congegnata sequela di rivelazioni.
Un intrigo su celluloide che Tony Gilroy, sceneggiatore dell’intero franchise qui passato dietro la macchina da presa, dopo le esperienze registiche di "Michael Clayton" (2007) e "Duplicity" (2009), si mostra capace di gestire senza far rimpiangere i suoi predecessori, supportato in particolar modo dall’efficiente montaggio per mano del fratello John.
Con l’azione distribuita a dovere, tra uno scontro con feroci lupi sulla neve ed una sparatoria in casa della co-protagonista; fino alla movimentatissima fase finale che si svolge sulle strade di Manila, lasciando tutt’altro che insoddisfatti sia gli amanti degli spy-movie che i fan di Jason Bourne... nonostante la sua assenza.

La frase:
"L’unico vantaggio che abbiamo è che ci credono morti".

a cura di Francesco Lomuscio

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