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Take Five







Dopo aver vinto la sezione il “Leone del Futuro- Premio Opera Prima Luigi de Laurentiis” nel 2011 ed essere stato candidato come Migliore film d’esordio al David di Donatello e ai Nastri d’argento con “Là-bas - Educazione Criminale”, il regista Guido Lombardi torna a far parlare di sé al Festival Internazionale del film di Roma 2013 con “Take five”. Il titolo è ispirato a un brano classico del jazz del “Dave Brubeck Quartet” del 1959, famoso per il ritmo 5/4, quindi un tempo irregolare. Ed è proprio su questa “irregolarità” che nasce questa commedia nera un po’ noir che rende omaggio a “I soliti Ignoti” del regista, sceneggiatore e attore Mario Monicelli (Roma, 1915 –2010).
Nato da un’idea di Gaetano Di Vio, qui nelle vesti di produttore e interprete, “Take five” racconta la storia di cinque persone diverse, con un sogno in comune: arricchirsi! Con ritmo veloce e incalzante, si sviluppa un mistero partenopeo. Sullo sfondo di una Napoli in piena crisi economica, così come il resto dell’Italia, che aspetta con ansia la semifinale di Champions League, cinque uomini, diversi fra loro, mettono appunto la rapina che dovrebbe salvare le loro vite.
Realistica, intrigante, irregolare, piena di cliché, ma altrettanto frizzante e carica di comicità, è una vera e propria partita di poker, dove tutti bluffano sortendo però risultati diversi e a volte insperati. Una sciarada dove ognuno ha un ruolo e dove ogni combinazione si annulla fino ad arrivare a un finale tragico e al tempo stesso a lieto fine. Sebbene a livello registico gli omaggi siano molti e non vi siano note originali, fondamentalmente tale regia mostra una maturità e una padronanza tecnica importante. Il gruppo scarno di criminali incalliti è composto da Gaetano il ricettatore, dal nipote Ruocco, giovane pugile squalificato a vita, O’Sciomen, gangster leggendario, Sasà, fotografo di matrimoni ed ex rapinatori e Carmine, idraulico con il vizio del gioco.
A rendere vero il film è anche la sua credibilità derivata in parte anche dall’identità degli stessi attori, che traslano sulla scena la loro vita reale. Ruocco è realmente un’ex promessa del pugilato che ora si dedica a incontri clandestini, Gaetano è l’attore e regista Gaetano Vaio che ha trascorso alcuni anni in carcere, Salvatore Striano è Sasà, un ex carcerato che ha iniziato ad amare il teatro, poi c’è Carmine che anche lui ha avuto problemi giudiziari in passato; l’unico che nella vita reale è senza precedenti è Peppe Lanzetta qui nel ruolo di O’Sciomen. Con naturalezza e ironia questi cinque uomini padroneggiano e dominano la scena, mostrando ciascuno la propria personalità, ma in realtà questa banda male in arnese, formata da ladri un po’ arrugginiti ricorda forse la celebre “banda Bassotti” della Disney per la propria incapacità, o forse sarebbe meglio dire, per l’innata capacità di finire nei guai. Con ironia e divertimento viene raccontata un’altra malavita.

La frase:
- "E te, quanto hai fatto?"
- "Niente, non sono mai stato carcerato"
- "E forse questa è la volta buona!".

a cura di Federica Di Bartolo

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