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SuspiriaLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Leonardo Mezzelani01 settembre 2018Voto: 8.5
1 settembre 2018, Mostra del cinema di venezia, fino ad ora ogni film di punta sembra aver messo d’accordo più o meno tutti. Persino “La Favorita” di Lanthimos sembra esser piaciuto alla quasi totalità della critica e degli spettatori presenti al festival. Ecco che allora ci pensa lui, il nostro Luca Guadagnino, a scagliare la prima ascia di guerra con l’attesissimo remake (non sono sicuro sia il termine giusto da usare) del “Suspiria” di Dario Argento. Alla prima proiezione sembra esser stato riempito di fischi, ai titoli di coda della seconda gli applausi si sono sprecati, finalmente. Alla luce di tutto questo non è per nulla facile scrivere dell’ultima fatica del regista di “Call me by your name”. Come ho accennato questo è sì un remake dell’immortale capolavoro argentiano, sarà impossibile non confrontarlo con l’originale, eppure ridurre il giudizio a quello sarebbe limitante e deleterio.
La storia è ambientata nella Berlino del ‘77, anno di uscita del film di Argento, e già da subito appare chiaro il voler omaggiare prendendone le distanze. Particolare importanza in questo scenario acquisiscono anche gli scontri e gli attentati che in quegli anni scuotevano la capitale teutonica. La giovane e ambiziosa Susie Bannion (interpretata da una bellissima Dakota Johnson) arriva dall’Ohio per sostenere un provino nella prestigiosa scuola di danza della città. Con il suo talento e la sua sfrontatezza riuscirà ad attirare immediatamente l’attenzione di Madame Blanc (Tilda Swinton), istruttrice principale, nonché seconda in comando della congrega di streghe dell’istituto. Perché sì, in questa nuova versione di “Suspiria” non c’è alcun mistero legato a queste, ci viene detto dopo pochi minuti che abbiamo a che fare con delle streghe. Non a caso ci vengono presentate durante una riunione intente a votare se affidare il comando a Madame Blanc oppure lasciarlo in mano a Madre Markos. Parallelamente alla storia principale di Susie procede la sottotrama del dottor Jozef Klemperer, psicologo sospettoso da anni nei confronti dell’accademia, che ha in cura una delle sue studentesse. Proprio il medico si fa emblema di una nazione incapace di risollevarsi dal male assoluto, strascico del secondo conflitto mondiale e del nazismo. Susie, è speciale, deve essere sacrificata a Markos (che senza particolare convinzione si auto definisce Mater Sospiriorum, una delle tre grandi streghe originali), ma l’attrazione che esercita su Madame Blanc renderà tutto più complicato. Inquadrati in questo scenario si assisterà a 152’ di puro orrore, non si uscirà mai da questo incubo, impossibile staccare gli occhi dallo schermo. Abbandonato i potenti cromatismi del film di Argento, la Berlino che ci mostra Guadagnino è grigia, desaturata, sporca. Persino la scuola di danza è in rovina, con delle stanze molto simili ad una cella di prigione. I personaggi principali sono unicamente donne (nessun corpo di ballo maschile in questa versione), anche il dottore sembrerebbe interpretato da un’attrice (non ci sono ancora conferme ma sembrerebbe Tilda Swinton, il cast non conferma). Monopolio femminile che vuole essere forte messaggio in questo momento ma che può anche esser visto come un chiare cartello di attenzione: “siamo sempre noi la causa di tutto” dice un personaggio verso la fine del film, noi chi? Ogni parola per descrivere la regia di Guadagnino è superflua, così corale e densa che si fatica a non accostare il suo lavoro a quello di un direttore d’orchestra, o di un coreografo. Ogni danza è gioia e dolore per gli occhi, le orecchie e la mente. La sensualità delle protagoniste assoluta, su tutte quella della Johnson. Il montaggio sarebbe da studiare alle scuole di cinema, capace di portare avanti situazioni parallele con un ritmo avvolgente. Due parole andrebbero spese anche per le musiche di Thom Yorke, che non fanno rimpiangere l’immortale colonna sonora dei Goblin. Chi scrive ha trovato l’ultima mezzora di film eccezionale, il delirio, la potenza del sabba e ancora la musica. Un omaggio contemporaneo al cinema horror degli anni ’70. Ennesima reinterpretazione di un artista destinato a dividere l’opinione popolare, certo, ma anche a segnare profondamente il cinema, senza alcun dubbio. La frase dal film:
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