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Spring Breakers - Una vacanza da sballo











Per chi ha poca dimestichezza con le usanze statunitensi, lo Spring break, o pausa di primavera, è un'usanza che riguarda gli studenti d'oltreoceano, specialmente nel periodo universitario. In generale, lo Spring break vuol dire andare in una località di mare e fare festa 24 ore al giorno. Qualche volta questo vuol dire anche alcool, droga, sesso e qualche piccolo reato. In Spring breakers quattro ragazze fanno una rapina per pagarsi la vacanza. Una volta finite nei guai incontrano un gangster che si invaghisce di loro.

L'idea alla base di questo film è così semplice da essere imbarazzante. Il senso si può riassumere in un'equazione pedestre tra sogno americano e "tette, soldi e mitra", con tutto l'immaginario relativo, che accomuna film (tra tutti il solito Scarface), videogiochi e cultura pop in generale. In pratica Korine prende il B movie e cerca di trasformarlo, con risultati molto modesti, in un film d'autore. Il problema è che non si vede nulla che non si sia già visto milioni di volte in un qualunque video rap, e Spring Breakers perde di consistenza dopo pochi minuti. Il lato della scrittura è inconsistente quanto i presupposti e sembra asservito a un'estetica da eterno adolescente piuttosto che a una vera e propria sceneggiatura. Se l'idea di cinema vuol dire vedere un po' di ex ragazze Disney in bikini, mitra e passamontagna rosa, vuol dire che siamo regrediti a una visione troglodita di questo mezzo espressivo.
Se l'intento è quello di attirare e respingere, la parte in cui si dovrebbe allontanare il pubblico non funziona e non si riesce neppure ad ottenere un coinvolgimento pieno. Da questo punto di vista l'intento del regista semplicemente non riesce.

James Franco merita poi un discorso a parte. La sua performance in questa pellicola raggiunge i minimi storici non tanto perché il suo personaggio sia una grottesca macchietta, quanto perché lui è del tutto privo di credibilità in quel ruolo. Se poi dietro a questo c'è un'intenzionalità, allora siamo arrivati a nuove bassezze sull'idea del lavoro dell'attore.

Ad aggiungere al danno la beffa, questa pellicola è stata presentata in concorso al 69 Festival di Venezia. Probabilmente è questa l'unica vera provocazione di questa "opera".

La frase:
"Vi piace la mia roba? Oh, sì che vi piace...".

a cura di Mauro Corso

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