20 Ottobre 2007 - Conferenza stampa
"Un'altra giovinezza"
Intervista al cast.
di Federico Raponi

A presentare "un'altra giovinezza", alla Festa del Cinema di Roma, erano presenti il regista Francis Ford Coppola, gli attori Tim Roth e Alexandra Maria Lara, il montatore Walter Murch e il direttore della fotografia Mihai Malaimare, jr.

In che modo siete arrivati a far parte del film?
Mihai Malaimare, jr.:per me si è trattato di un'esperienza eccezionale. Ero al mio terzo film, e venir scelto è stato un onore.
Walter Murch: con Francis abbiamo lavorato insieme per 40 anni, da "rain people" ("non torno a casa stasera"), e l'ultima volta era stata nel 2000. Rincontrarsi è come vedersi dopo poco tempo. Siamo anche amici, e collaboriamo sempre con creatività. La storia raccontata dal film è metafisica, e trasformarla in cinema è stata un'opportunità eccezionale.
Alexandra Maria Lara: mi è arrivata una busta a casa, e per due giorni non ho avuto il coraggio di toccarla. Poi ho telefonato la prima volta e la voce registrata mi diceva: "non raggiungibile". E' stato quasi un sollievo. Quando ho richiamato, e sentito la voce di Francis, sono stata sopraffatta dall'emozione e ho messo giù. Lui allora mi ha chiamato, e l'ho incontrato a Londra, insieme a Tim. E' stato il giorno più esaltante della mia vita.
Tim Roth: quando mi hanno telefonato pensavo ad uno scherzo. Ho richiamato, e una voce femminile mi ha detto che Francis stava facendo la doccia. Ho pensato che fosse una burla sofisticata. Poi il mio agente mi ha chiesto: "ti ha chiamato Coppola?", ma anche quando mi è arrivato il copione ho continuato a dubitare.

Come è stato collaborare con Gustavo Golijov (autore della musica del film, ndr) e il rapporto con l'Argentina?
Francis Ford Coppola: è un grande e molto noto compositore, nato e cresciuto in Argentina. Ora vive a Boston, ma si sente argentino. Vengo da una famiglia di musicisti e mi interessava la classica. La Zoetrope (casa di produzione del regista) in Argentina è una specie di succursale.

L'esperienza con gli attori rumeni?
Francis Ford Coppola: la Romania ha una grande tradizione intellettuale e culturale. Avevo 50 parti per gli attori rumeni, ed ho attinto molto nel teatro. Come nuovo membro dell'UE, il paese - dopo un periodo di oscurantismo - sta conoscendo una fioritura, e i giovani hanno un grosso amore per il cinema. C'è grande professionalità, ed anche un buonissimo vino. Ho chiesto: "ma i romani lo sanno insegnato a voi o voi ai romani?" e mi hanno risposto: "noi ai romani".

Dopo 10 anni è tornato a girare film…
Francis Ford Coppola: ho sempre voluto essere un cineasta autonomo. Quando ero giovane non pensavo alla manna del successo, e produrre mi è stato possibile solo in tarda età. Faccio da vecchio quello che avrei fatto allora. Ho cercato di ritrovarmi come scrittore, e anche di ritrovare uno spazio da regista. Non sono da intrattenimento, e ho un'azienda che mi ha permesso di sostenere un film molto personale. La storia di un uomo vecchio che ritiene la sua vita incompleta, ossessionato da una donna persa in modo folle. Penso sia comune a gente di una certa età.

Cosa hanno pensato di questo ritorno i suoi amici registi?
Francis Ford Coppola: sono stati i primi a vederlo. A casa di Lucas, che ha uno schermo con un'immagine e un suono eccezionali. Sono venuti tutti, mi ha fatto piacere. Quando sei all'apice - questo vale per tutti - si è ispirati dai film personali. Non commerciali, ma che contribuiscano alla letteratura cinematografica.

Oggi invece vengono fatti molti rifacimenti…
Francis Ford Coppola: ogni remake è una perdita di risorse. I soldi andrebbero investiti su film nuovi, per aiutare il pubblico a illuminare sé stesso e la sua vita. Non so perché dovrei fare un "Padrino parte quarta", non mi voglio ripetere come si fa oggi. Già continuare dopo il primo è stato difficile. Uno dei vantaggi dei registi giovani è essere ignorante, per rifare "apocalypse now" dovrei essere entrambe le cose.
Walter Murch: su Internet ho visto una classifica dei migliori film di tutti i tempi, e tra i primi 100 nessuno è stato rifatto. Cosa che è avvenuta invece per più della metà dei titoli degli anni '60, dagli anni '20 in poi è stato un aumento costante. Così l'industria si cannibalizza, e non necessariamente per il bene del cinema.

Il film ha una forte simbologia visiva…
Walter Murch: chi lo vede da fuori può dirlo, noi non abbiamo la giusta distanza. Ogni film privo di azione ha del simbolismo, in quanto rappresentazione del pensiero. La sua ricchezza viene dalla pletora di immagini, che fanno da eco. Il cinema si lega più alla poesia che alla fiction narrativa.

Come si è calato nel personaggio?
Tim Roth: all'inizio ero terrorizzato da lui: tranquillo e gentile, ti colloca al centro della storia. Sono entrato come un topolino e mi è piaciuto affiancarlo, perché io sono molto superficiale.
Francis Ford Coppola: avevo visto Tim in parti molto potenti e l'ho voluto, mi stimolava metterlo alla prova. E poi è anche regista ed esperto di fotografia, è una scelta che mi ha molto aiutato.

All'origine c'è il romanzo di Mircea Eliade…
Francis Ford Coppola: Eliade ha ottimo senso dell'umorismo e conoscenza, è il padre della religione comparativa. L'ho amato leggendone molte opere. Il film affronta due temi: il tempo e la consapevolezza. Il primo è più difficile. Vanno messi in relazione, tempo è consapevolezza. Quando il film finisce ne capisci il senso, per me è stata la lingua. Quando da piccolo mi chiamavano per nome, mi sono chiesto: "quando nasci?" e ho capito che ciò è avvenuto a 4 anni. Tutto viene dal linguaggio. "Un'altra giovinezza" è una fiaba crepuscolare alla Borges, leggendolo non credevo a quante storie potessero succedere. Il mio scopo era renderlo vedibile, per poi farlo metabolizzare. Non volevo un film difficile, ma fatto bene e poi per divertirsi. Qualcosa che, come il libro, può essere visto più di una volta. Perché la cosa migliore è proprio dare l'opportunità di rivederlo.

Pensa che sia un film che può dividere, rischioso rispetto al peso del suo passato?
Francis Ford Coppola: è inusuale, ci vuole tempo perché il pubblico decida se è bello. Per "Apocalypse now", ad esempio, si è deciso solo adesso. "Spider man" e "Shrek" sono immediatamente fruibili, ma i maggiori capolavori hanno richiesto tempo, quello che ci vuole per conoscere. Non bisogna essere schiavi del successo ma rinnovare, e quindi rischiare.

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