12 Gennaio 2006 - Conferenza Stampa
"U-Carmen eKhayelitsha"
Intervista al regista ed alla protagonista.
di Diego Altobelli


L'industria cinematografica e televisiva in Sud Africa ricopre ancora aspetti marginali, in termini economici, nella politica del Paese. Qualcosa però si sta muovendo, e non è errato affermare che la cinematografia mondiale sta assistendo ad uno sviluppo singolare, e coraggioso, di un modo di fare cinema del tutto originale. Attingendo alle proprie tradizioni e alla propria storia, il cinema sud africano si propone come ultima frontiera, lontana ma fiera, di una cinematografia libera da condizionamenti di tipo commerciale. Dirà Mark Dormford-May durante la conferenza stampa del suo primo film: "…fare film nazionali per interessare le produzioni internazionali…", un approccio intelligente e acuto che prima del Sud Africa ha avuto precedenti illustri come Francia, Giappone, Corea e Italia.

La scelta della Carmen...
Mark: Avevamo già realizzato a teatro la Carmen, era sembrato logico trasformarlo in film... Può sembrare folle ambientare la storia in Sud Africa, ma per me... per noi, era sembrato logico... Lo Spirito del resto è molto vicino... Le decisioni di Carmen sono molto condizionate da bisogni economici...

Come è stata realizzata la traduzione del libretto?
Pauline: Ci sono voluti quattro mesi... soprattutto la musica è stata la sfida più grande. Non abbiamo apportato comunque grandi cambiamenti al testo essendo esso piuttosto universale. D'altra parte la lingua africana è molto "musicale", quindi trasformarla non è stata una impresa.

C'è un grande amore nei confronti dell'opera lirica in generale.. Questo film nasce anche da questo?
Mark: Sì, in Sud Africa c'è una grande tradizione di tipo vocale e questo si riflette in luoghi come Città del Capo, che ha circa 1000 cori... Per cui persone come Pauline sono abituati da sempre a cantare, il che gli ha consentito di imparare la Carmen in tre settimane. I cori parlano di tutto, dal gospel alle canzoni popolari... Non esistono distinzioni nell'arte del canto, ma assumono toni molto simili. Nel cinema comunque continuano ad esserci grosse difficoltà d'accesso al grande pubblico e sicuramente in noi c'era anche il tentativo di avvicinare la gente. Trasmesso per la prima volta in una palestra, siamo passati da 100 a 1000 spettatori al giorno...
Pauline: La prima opera che vidi era il Don Giovanni e rimasi sbalordita da quello che vidi... Sei anni dopo ero bloccata in un corso amministrativo e sono andato in una scuola di musica per cercare qualcosa di nuovo, e scelsi, sempre casualmente, l'opera lirica... L'Opera è raccontare una storia con la musica e questo fa parte della nostra tradizione. Inizialmente forse no, ma col tempo l'Opera è entrata di diritto nella nostra tradizione con tanti cori che partecipano a tanti concorsi...

L'ambientazione è molto forte, c'è una valenza politica?
Mark: E' certamente un film politico. Questo è il primo film ambientato in un sobborgo. Quello che fa e che dice Carmen doveva essere il passato del nostro Paese. La posizione sociale di Carmen detta anche le sue decisioni... Se si pensa che in Sud Africa le migliori posizioni erano occupate da uomini bianchi... Ora le cose stanno cambiando...
Pauline: C'è un detto che dice che dietro un grande uomo c'è una grande donna.... Gli uomini in Sud Africa sono pieni di sé, e dimenticano che, se pure loro sono la testa, noi donne rimaniamo il collo su cui loro si poggiano. Tornando al film, Carmen è felice come donna. Non conta l'aspetto fisico: se si è pieni della propria vita e della propria esperienza, l'aspetto non conta...

Il Sud Africa ha un passato che non si può ignorare, quali difficoltà ha incontrato un uomo bianco a dirigere una Carmen nera?
Mark: Sono inglese, sono solo quattro anni che vivo in Africa. Questo mi ha dato la possibilità di rappresentare la Carmen in questo modo. Sicuramente un outsider ha un occhio più distaccato. Ero andato in Sud Africa per trovare una compagnia, ed è strano pensare che molti ragazzi che si sono presentati per i provini non erano mai stati in un teatro, per loro era un lavoro come un altro... In quaranta sono stati selezionati e a distanza di poco tempo abbiamo realizzato quattro opere teatrali. La Carmen ci ha dato visibilità nel mondo avendo avuto un grande consenso di critica. Siamo stati fortunati anche ad avere un produttore che ha saputo credere nel progetto. Il progetto di una Carmen nera in Sud Africa poteva essere un fiasco colossale... E' importante anche aggiungere che noi siamo una compagnia "corale": tutti vengono pagati allo stesso modo e tutti sono uguali.

Wallabai (importante rappresentante nella ambasciata del Sud Africa in Italia): Avrei dovuto introdurvi io... ma ora mi limito a fare una domanda: considerato il Festival di Berlino e considerato il successo del cinema Sud Africa, come vede il futuro dell'industria cinematografica di questo Paese?
Mark: Credo che il cinema sud africano stia vivendo un momento importante con numerosi premi e nomination, di cui una anche per gli Oscar. Fino a due- tre anni fa l'industria serviva solo per promuovere l'estero. Il rafforzamento della nostra valuta ha fatto chiudere alcune porte all'estero, ma a favore di una produzione nazionale. Quindi, speriamo che la tendenza sia questa: fare film nazionali per interessare le produzioni internazionali.

Progetti per il futuro?
Mark: Da poco il Sundance film festival uscirà il mio secondo film: "Son of men", la storia di Cristo in un Africa moderna. Non è un'opera. L'ambientazione, sud africana, è leggermente inventata per poter adattare la storia.... Ma il film è fatto con la stessa compagnia della Carmen. C'è musica ma come in tutti gli altri film, e Pauline interpreta la vergine Maria…

Da autore di teatro alla scoperta di nuovi talenti in terra straniera, a icona del cinema Sud Africano con due film presentati a breve distanza l'uno dall'altro: Mark Dormford-May si propone come un bel regalo inaspettato agli amanti e studiosi di cinema. Due film coraggiosi, oltretutto, proponendo versioni "nere" di protagonisti della cultura occidentale. La versione africana della storia del Cristo poi, è "tutta un programma", e promette di essere tra i film più chiacchierati e controversi della prossima stagione. A noi non resta che aspettare, con trepidante attesa, e di rivedere Pauline e soci cimentarsi in questa nuova avventura. Impresa che assume i toni dell'eroico e del mitologico, considerando che c'è già chi sogna un papa nero. Ma questa, come si dice, è un'altra storia…

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