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17 Ottobre 2009 - Intervista
"Tra le nuvole"
Intervista al regista e al cast.
di Andrea D'Addio
E' logicamente George Clooney l'attrazione principale della conferenza stampa di "Tra le nuvole", film che presenta assieme al regista Jason Reitman (figlio del grande Ivam autore di tante bellissime commedie degli nani '80 e '90, tra cui i Ghostbusters). Siamo al Festival del cinema di Roma e il film è stato accolto, a ragione, dagli applausi entusiasti della critica a fine proiezione.
Raccontate una storia di licenziamenti. E' una situazione che avete mai vissuto in prima persona?
George Clooney: Prima di diventare attore ho fatto un sacco di mestieri, vendevo polizze, scarpe da donna, mi è capitato di esser mandato via. Per fortuna non avevo sulle spalle una famiglia da mantenere. Adesso, devo dire la verità, è da un po' di tempo che non mi licenziano.
Jason Reitman: Mi vergogno un po' ad ammetterlo, ma non sono mai stato licenziato, piuttosto ho licenziato. Tengo però a dire che nel film, alcuni dei personaggi che parlano del proprio licenziamento, ben venticinque, sono venticinque persone di Saint Louis realmente licenziate nell'ultimo anno. Volevo che ci fosse questo legame diretto con la realtà.
Reitman, il suo è un cinema ricco di personaggi ai limiti. La si può considerare la sua cifra stilistica?
Jason Reitman: Come dice Nick Nailor in Thank You For Smoking, se vuoi un lavoro facile vai a lavorare per la Croce Rossa, se ne vuoi uno vero devi lavorare per l'industria del tabacco. Mi piacciono i lavori controversi, e mi piacciono i personaggi controversi. Ancora di più, mi piace umanizzare i personaggi controversi.
Come mai non rilascia più molte interviste?
George Clooney: Ormai faccio poche interviste sui film perché penso che non lo aiutino. Si finisce sempre per rispondere alle domande stupide che non c'entrano niente. Io vi capisco, i giornali non si vendono e vi chiedono il gossip. Conosco il mestiere perché mio padre era giornalista: so che può capitarmi di rispondere a domande stupide e non mi interessa se si parla di gossip, però, come per tutte le cose, è legittimo che ci sia un limite.
Jason Reitman, che cosa le ha insegnato suo padre del mestiere di regista?
Jason Reitman: Tutto, è il mio eroe, non sarei qui se non fosse per lui. Penso che sia il più grande narratore che io potrò mai trovare nella mia vita e sono entusiasta di essere suo figlio. E' il mio mito e ho con lui un rapporto bellissimo.
Clooney, che opinione ha della crisi dell'ultimo biennio?
George Clooney: Non sono io a dirlo, è la più grave dagli Anni Trenta, ci vorrà molto tempo per uscirne, gli eccessi che sono stati ignorati torneranno indietro come un boomerang, come ogni volta in cui l'uomo ha ignorato qualsiasi limite etico e di buon senso.
Cosa la accomuna con il personaggio che interpreta?
George Clooney: Penso di esserne molto distante, ma ci sono forse alcuni sentimenti che posso comprendere come la solitudine di sentirsi molto spesso i viaggio. Per il resto penso di essere molto diverso. Ho una vita stupenda, tanti amici meravigliosi, sono sempre circondato da un sacco di gente.
Che opinione si è fatto del Premio Nobel per la pace assegnato a Barack Obama?
George Clooney: Sono stato uno dei suoi primi sostenitori, sono entusiasta di averlo come presidente e fiero di essere cittadino del Paese che lo ha eletto. Mi auguro che il Nobel lo aiuti a realizzare il suo progetto di pace, che sia uno stimolo per continuare a perseguire i suoi obiettivi. Negli States, ogni volta che ci è stato un periodo di grande crisi si è eletto un grande Presidente. E' stato così con Roosevelt e Nixon, penso e spero che sia uguale con Obama.
Sta girando un film nelle zone terremotate del centro Italia. Che opinione si è fatto della situazione e come si trova a lavorare con Violante Placido?
George Clooney: Stiamo girando da tre settimane, siamo a Sulmona, in una zona relativamente colpita dal disastro. A giugno ho però visitato le zone colpite, durante il G8. Ho visto le tendopoli, mi sono chiesto quando le persone che ci abitano riusciranno a riavere case vere, soprattutto in vista dell'inverno. Mi è sembrato che ci fosse un impegno forte, ma il rischio sta nel dopo. Passato un mese, passato un anno, i riflettori si spengono, cala l'attenzione e calano anche i finanziamenti. Da noi, in America, è successa la stessa cosa con l'uragano Katrina e oggi New Orleans è ancora in condizioni drammatiche e dei progetti ambiziosi fatti subito dopo il disastro di parla sempre meno. Su Violante Placido, è un piacere lavorare con lei, è straordinaria.
Quando pensa di tornare a dirigere un film?
George Clooney: Ho due i progetti che mi interessano e con cui vorrei ornare dietro la macchina da presa, uno di questi è su Guantanamo. Quello che conta è trovare un copione che funzioni.
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