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30 Agosto 2006 - Conferenza Stampa
"The black Dahlia"
Intervista al cast del film.
di Andrea D'Addio
Il ciclo delle conferenze stampa qui al Festival parte con un pienone. Non delle star, ma di giornalisti, che finiscono in gran numero per rimanere fuori dalla sala. Dentro a mancare invece è la due volte premio Oscar Hilary Swank, mentre sia il regista De Palma, che il restante quartetto di attori (Josh Hartnett, Scarlett Johansson, Aaron Eckhart e la "tutta occhi" Mia Kirshner) si siedono compitamente ai rispettivi posti promozionali così come l'autore del romanzo, il famoso scrittore James Ellroy.
Si parte con le domande...
Scarlett Johansson, lei ormai è considerata il sex symbol del nuovo millennio. Come vive questa situazione?
Scarlett Johansson: Il mio ruolo di sex symbol? Non ci penso mai, mentre giro una pellicola, anche se ammetto che qui il regista voleva scene forti, intense, cariche di erotismo, che catturassero lo spettatore.
La storia del cinema è ricca di femme fatale. Si è ispirata a qualcuna di queste per il suo personaggio?
Scarlett Johansonn: No, ho voluto creare un personaggio nuovo, senza ispirarsi a nessuna attrice in particolare. Volevo raccontare una donna di casa ma alla moda, con un tocco glamour. Certo non si tratta di un personaggio innocente. E' una donna che vuole sopravvivere, che si è creata una vita immaginaria per non soffermarsi sul suo terribile passato e penso che sia straordinariamente forte.
Il genere noir da anni, e comunque non certo con frequenza, non popola le grandi sale. Come mai questo film adesso, e perché credete che un tempo queste storie fossero le più apprezzate dal pubblico?
Scarlett Johansson: Se c'e' la depressione in un paese, come accadde nel 1947, o guerre e genocidi come sta avvenendo oggi, le persone cercano di distrarsi interessandosi ad altri scandali. Mi sembra una cosa normale, la gente è così, noi siamo così.
De Palma: Gli anni 40 sono un rompicapo, densi di protagonisti fantastici, con donne fatali e personaggi deprimenti... Non so perché molti lavori ambientati in quegli anni sono noir, ma è stato bello poter ricreare quell'epoca grazie al libro di Ellroy.. Oggi quelle femmes fatales e quei personaggi dark con un passaggio aperto verso l'inferno non esistono più. Non so perché quell'epoca abbia tanto facino anche su di me, ma è stata una vera gioia riportarla al cinema.
James Ellroy: Gli Stati Uniti hanno certamente testimoniato in quegli anni un periodo di splendore, ma non è quello che a me interessa. Di quegli anni mi attrae il gioco nascosto, la corruzione, specie di chi ha il potere.
Come è stato per gli attori l'approccio a questa storia così sottile, ma cruenta?
Aaron Eckhart: Non è stato per niente facile, talvolta era anche pericoloso ma alla fine è stato divertente.
Mia Kirschner: Ero terrorizzata dall'idea di essere diretta da Di Palma e di dover improvvisare davanti alla macchina da presa con monologhi e lacrime, ma alla fine grazie alla guida del maestro ci sono riuscita. Penso di essere cresciuta molto grazie a lui, e gliene sono grata.
James Ellroy, in questo film il rapporto tra vittime e carnefici è sicuramente più complesso rispetto ad altre sceneggiature tratte dei suoi film. Sappiamo infatti che ad ispirarla è stato proprio il suo passato…
Jamese Ellroy: Si, ho scritto Black Dahlia perchè mia madre, quando ero bambino, fu stuprata ed uccisa in modo simile ad Elizabeth Short, l'aspirante attrice che nel '47 fu trovata tagliata in due nei dintorni di Los Angeles e quindi ribattezzata proprio Black Dahlia. Per me, è stato un modo di uscire dall'incubo, e di esorcizzare le mie paure più antiche.
Cosa ne pensa di questa traduzione cinematografica del suo libro?
James Ellroy: (sorridendo) Penso che sono stato fortunato due volte nella mia carriera con gli adattamenti per i film: una volta con 'LA confidential' e una volta con Black Dalia. Quello che ho fatto io e che ha fatto anche il regista con il film è stato isolare i temi chiave dell'ossessione sessuale e della redenzione. Il film isola i temi principali del racconto, ma mantenendo fede ai protagonisti. Ogni personaggio del film esprime alla perfezione il senso di perdita morale e spirituale che mi sembra emergere dal romanzo, nella descrizione di un'epoca, gli anni Quaranta, da cui sono molto affascinato.
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