The black Dahlia
Chissà se De Palma dopo aver visto i primi minuti di Sin City si è convinto che Josh Hartnett fosse la faccia giusta per il suo Black Dahlia; certo è però che il regista del New Jersey (reduce dall'insuccesso di "Femme fatale") ha deciso per un quartetto di attori (oltre al sopraccitato, Aaron Eckhart, Scarlett Johansson e Hilary Swank) che avessero la faccia abbastanza pulita da poterla sporcare di fango come l'omonimo libro di James Ellroy pretendeva che fosse.

Siamo insomma dalle parti di L.A. Confidential, il più famoso finora dei romanzi scritti da Ellroy e poi portati sul grande schermo. Anche qui due poliziotti, anche qui un gioco di rimandi, di personaggi prima accantonati e poi ripresi, di "femmes fateles", di soldi che spariscono e pallottole che partono da non si sa dove e di un climax crescente che accumula suspance e mistero fino all'ultima inquadrature. Solo che stavolta però il legame con le immancabili vittime è più morboso: Ellroy ha scritto il libro pensando all'omicidio della sua amata/odiata madre avvenuto quando era ancora giovane ( non è infatti casuale la battuta rivolta al protagonista "Non mi sparerai mai. Non dimenticare a chi assomiglio. Perché quella ragazza…quella poveraccia morta…lei è tutto ciò che hai).

Nel tradurre il tutto sul grande schermo De Palma però non si limita a rievocare le atmosfere e ad accompagnare una narrazione, quella del libro, comunque molto cinematografica. Il suo linguaggio pretende un'unione dei due aspetti e così si impegna ad impregnare di significati ogni scena o semplice fotogramma del proprio lavoro. In questa comunità dove tutto è corrotto, in cui le stesse fondamenta delle case sono fatte di cartapesta, ogni personaggio nasconde la propria colpa. Nessuna tenda rimane bianca, neppure Bucky la cui "fortuna" proviene, nonostante tutto, da un incontro di boxe perso appositamente. Concetti sintetizzati (soprattutto) nella scena del ritrovamento del cadavere di Elizabeth Short che De Palma costruisce il fulcro centrale del proprio film. In questo lungo piano sequenza che tanto ricorda l'Orson Welles di "L'infernale Quinlain", abbiamo l'unione delle due storie che incrociandosi caratterizzeranno tutto il resto della narrazione. E così l'efferato omicidio dell'aspirante attrice si lega alla sparatoria che i due protagonisti intraprendono con due tizi di colore davanti ad un motel.

Lezione di regia, ma anche e soprattutto omaggio verso il genere noir. Black Dahlia è tutto questo: è il citare la Rita Hayworth protagonista di tanti film degli anni '50, è la scelta di nomi per i personaggi (dall'Emmett che ricorda lo scrittore pulp Hammett alla Key Lake variazione dell'Hitchockiana Veronica Lake di "Rebecca"), è il ricordo di "Blu dalia" (anch'esso con Veronica Lake) e il cadavere nella fontana di quello Scarface prima di Hawks e poi dello stesso De Palma. E'sua poi la voce fuoricampo dei filmini in cui i sogni e le disillusioni di Elizabeth Short trovano vita, ricordo e monito di quanto sotto le luci della magica Hollywoodland si rischi di trovare il rosso del sangue ed il nero della cronaca.

La frase: "Combattiamo con un nemico senza volto in una terra di nessuno".

Andrea D'Addio

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