29 Maggio 2006 - Conferenza Stampa
"10 Canoe"
Intervista al regista Rolf De Heer e al produttore Domenico Procacci.
di Andrea D'Addio
Alla conferenza stampa a Roma di presentazione di 10 Canoe, sono presenti il regista australiano (ma nato in Olanda) Rolf De Heer ed il produttore italiano Domenico Procacci che ha partecipato alla realizzazione della pellicola che distribuirà attraverso la sua Fandango. Il film ha appena vinto a Cannes il Premio Speciale della Giuria "per l'originalità della sua visione" all'interno della sezione Un certain regard. Per il tour promozionale De Heer ha bloccato le riprese del suo nuovo film, "Dr Plonk", una commedia che dovrebbe rifarsi alla comicità di Chaplin e Buster Keaton e che farà dell'assenza del sonoro (non si sa ancora se assoluta o solo parziale) una delle sue caratteristiche. La prima domanda verte proprio su questo:
Qual'è la genesi produttiva di "10 Canoe" e quale di "Dr. Plonk"?
De Heer: Sono due film nati in maniera completamente diversa. "10 canoe" è un film realizzato grazie all'insistenza di David Gulpilil, il protagonista di "The tracker". Ero andato a trovarlo in Australia tra la sua gente e lui per l'ennesima volta mi ha chiesto di fare un film sulla leggenda del suo popolo. Avevo rifiutato tante volte, c'erano troppi problemi, troppe lingue, troppe culture, troppi problemi ambientali. Si trattava di parlare con persone che hanno una cosmologia, una visione del mondo, completamente diversa da quella nostra occidentale che mi sembrava impossibile nonostante la storia che lui mi raccontava e che voleva che io narrassi era molto interessante. E così, nonostante tutto, alla fine ci ho provato, anche perché amo le sfide, soprattutto con me stesso.
L'idea di realizzare "Dr Plonk" invece è completamente diversa. Avevo appena finito di montare "10 canoe" e mi serviva un'idea per fare subito un film, un'idea però che non richiedesse altri 3 anni come invece è stato per "10 canoe". Appena hai finito un lavoro poi, è più facile trovare finanziatori, quindi avevo questa esigenza di essere rapido. Stavo negli uffici della casa produttrice e dovetti andare in magazzino a cercare uno spray anti-insetti per andare nella comunità aborigena a fare vedere 10 canoe, quando ho aperto un vecchio armadio ed ho trovato 8000 metri di vecchia pellicola che mi ero completamente dimenticato di avere. Era pellicola rovinata, che non andava bene per un qualsiasi film, ma era perfetta per un film muto. E così si può dire che "Dr Plonk" è nato da solo.
Per l'ennesima volta si rinnova la vostra collaborazione: è dai tempi di Bad Boy Bubby che abbiamo il connubio Procacci produttore e DeHeer regista.
Procacci: DeHeer ha una visione molto personale del cinema, a metà tra il fiabesco ed il romantico. La stessa storia di come racconta sia nato "Dr. Plonk" è emblematica in tal senso. Il nostro è un rapporto nato in maniera epistolare. Un produttore-distributore australiano, che aveva portato in Australia "La stazione", mi mandò per posta ad inizio anni '90 il copione di Bad Boy Bubby. Lo trovai bellissimo, e così cominciò una serie di scambi di fax che non erano semplici fogli, ma veri e propri rotoli di carta termica. Andai poi in Australia, ed iniziò questa collaborazione. C'è stato poi "Epsilon", un film che non è stato distribuito in Italia, ed abbiamo fondato assieme una casa produttrice di cui ormai si occupa soprattutto lui. E' un rapporto che a volte è di piena collaborazione, altre volte di semplice sostegno. Ad esempio l'unico film di DeHeer cui non ho partecipato in veste di produttore, ovvero "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore" mi sono impegnato a distribuirlo con Fandango, perché trovo inimmaginabile che un suo film non sia dato in Italia.
Nel film ha molta importanza la lingua. Come è stata gestita questa problematica all'interno del set e della storia stessa?
De Heer: La lingua è stata la parte più difficile e interessante del film. Così difficile che è perfino complicato dire quanto lo sia stato. La lingua come tutti sappiamo riflette la cultura di un popolo, la sua cosmologia. Io sono australiano, voi italiani, ma se devo dire qualcosa basta una traduzione e ci capiamo. Gli attori del film hanno invece un altro modo di vedere la vita e la realtà. E così ci sono concetti che non sono spiegabili. E' successo ad esempio che per tradurre la stessa frase, due traduttori altrettanto competenti abbiano dato le diverse versioni: "Niente di questo ci è mai successo prima" e "Nono sono responsabile della pipì di questo uomo morto".
Procacci: E' anche nel diverso modo di intendere il tempo. Mentre noi siamo portati a dividere il tempo in segmenti piccolissimi, per gli aborigeni è impossibile una cosa del genere. Loro guardano sempre l'insierme. E poi sono letterari, nel senso che per loro tutto deve essere vero. E così se loro dicono "Io sono la terra" intendono la terra davvero.
De Heer: Noi ad esempio abbiamo i pronomi: io, tu, voi, ect. Loro questi non li hanno, ma hanno 16 modi diversi di dire "noi". Non usano congiunzioni come "e" o "o" perché bloccano il racconto, lo annacquano, levandogli forza.
Nel suo film si tracciano anche le ragioni per cui gli aborigeni hanno cambiato quasi tutti ormai stile di vita?
De Heer: No, perché nel mio film non si parla ancora della venuta dell'uomo bianco, di quelle contaminazioni culturali di cui invece ho parlato in The tracker. Quelle più di ogni altre, sono le ragioni per cui gli aborigeni adesso sono un popolo molto eterogeneo e che vanta sia gruppi che vivono come in passato che gente che sta in città.
Che problemi organizzativi ha avuto durante la realizzazione del film?
De Heer: Per una sciocchezza si è rischiato di non fare il film. E' successo infatti che mi servissero tre attrici per il ruolo delle altrettante mogli del mio protagonista interpretato da Richard Birrinbirrin. E così mi rivolsi alla comunità dicendo :"Mi serve una donna tra i 35 anni che sia bella, forte ed intelligente per fare Nowalingu, la moglie di Birrinbirrin.". Loro dopo essersi grattati a lungo la testa mi hanno dato un cenno di assenso, e dopo qualche ora sono tornati con una donna di più di 60 anni. Gli ho fatto presente che non ci eravamo capiti e che a me serviva "…una donna tra i 35 anni che sia bella, forte ed intelligente per fare Nowalingu, la moglie di Birrinbirrin". Dopo un giorno sono venuti stavolta con una ragazzina di 12 anni. Il problema non era che non avessero donne di quell'età, o che queste non fossero abbastanza belle o forti, ma semplicemente che essendo loro persone per cui tutto deve essere vero mi avevano portato solo donne che si chiamavano Nowalingu e che avevano il giusto grado di parentela con il mio Birrinbirrin. Pensate poi che alcune donne che poi ho trovato e che andavano benissimo per quella parte si sono rifiutate perché pensavano che davvero poi avrebbero dovuto sposare Birrinbirrin. Tutto deve essere vero per loro: il film è vero perché racconta una storia vera, i racconti sono veri se le leggende cui fanno riferimento sono successe davvero. E fate conto che questa è gente che, al di là di tutto, risolve i propri problemi bancari su Internet…
Così, con un aneddoto che tanto dice sul nostro mondo globalizzato, si conclude quest'incontro affatto convenzionale come lo è il bel "10 canoe".
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