25 Giugno 2009 - Intervista
"Sinner"
Intervista al regista.
di Francesco Lomuscio

In occasione della XXIX edizione del Fantafestival, abbiamo incontrato a Roma Alessandro Perrella, regista del thriller "Sinner", interpretato da Robert"Freddy Krueger"Englund.

Alessandro, la tua carriera cinematografica inizia come attore alla fine degli Anni Sessanta…
Alessandro Perrella: Feci un concorso al Centro Sperimentale di Cinematografia, lo vinsi ed entrai come attore, perché c'erano poche probabilità di entrare come regista; in realtà, però, io venivo dal montaggio, è stata una cosa strategica, facevo già il primo assistente a Renzo Lucidi, il quale collaborò alla seconda unità de "I dieci comandamenti" di Cecil B. DeMille. Diciamo che il fiuto e l'istinto era quello di stare davanti alla macchina da presa, ma anche dietro.

E come è avvenuto il passaggio dietro la macchina da presa?
Alessandro Perrella: Per una cosa molto strana o molto semplice, perché prima bisogna intuire ed individuare quello che ti piace, allora, poi, c'era la legge 1213 che, fatta nel 1965, prevedeva aiuti fiscali per qualsiasi produzione che avrebbe inserito professionalmente gli allievi del Centro Sperimentale nell'ambito lavorativo. Di conseguenza, l'anarchia italiana aggira la legge anziché credere nelle cose che fa, quindi mi chiamavano e mi facevano firmare per 100000 lire, svendendomi. Non sono stato un eroe, però avevo voglia di lavorare e frequentare il set e così sono entrato. C'era chi ha creduto in me, poi all'epoca si lavorava moltissimo, si facevano 360 film all'anno e il cinema, dopo l'edilizia, era la seconda industria di Roma.

Dei registi con cui hai lavorato, chi ricordi particolarmente?
Alessandro Perrella: Ricordo con molto affetto Brunello Rondi, grande sceneggiatore di Fellini, una persona che ha avuto totale fiducia in me e che mi ha saputo istintivamente valorizzare. Non è stato un grande regista, ma un grande sceneggiatore, perché mi ha insegnato a scrivere il film; ho collaborato a due o tre dei suoi lavori e forse il più importante è stato "Valeria dentro e fuori" con Barbara Bouchet. Diventammo molto amici e gli devo tanto. Poi riuscii anche ad entrare nelle simpatie di Roberto Rossellini, il quale mi soprannominava straccaletto perché ero talmente magro che i miei pantaloni non si potevano reggere con la cinta, ma con degli straccali (ride). Mi prese a fare da assistente alla regia, precisando però che il mio ruolo consisteva nell'andare a comprare il caffè per tutta la troupe tre o quattro volte al giorno e nell'essere il suo schiavo (ride). Ma fui orgoglioso di esserlo.

Qui al Fantafestival già avevi partecipato nel 2006 con "Hell's fever", che venne anche premiato; era il tuo primo thriller?
Alessandro Perrella: Sì, assolutamente. "Hell's fever" lo voglio chiamare un incidente di percorso, perché, da produttore, dovevo far esordire un ragazzo molto promettente alla regia, ma, mentre scrivevamo la sceneggiatura, si sciolse come neve al sole e mi accorsi che non aveva le capacità di sintesi per una regia. Fui molto onesto con lui, perché, anziché buttare 400000 euro nelle sue mani gli dissi di farmi da aiuto regista. Era la storia di una rapina andata male all'interno dell'Università di Cosenza e che finiva in una miniera a due piani usata come rifugio.

Come è nata invece l'idea per "Sinner", che vede tra gli sceneggiatori anche Roberto Natale, proveniente dal nostro cinema di genere che fu?
Alessandro Perrella: Dunque, devo fare ancora un passo indietro su "Hell's fever". Riuscii a convincere Gianluca Curti a co-produrre il film, che poi vinse appunto il Fantafestival e se ne parlò in giro. C'era una piccola curiosità nei confronti di Perrella regista, perché fino ad allora avevo diretto tutt'altro tipo di film e prodotto di "Maria sì", con il fondo del Ministero, e "Vicino al fiume", bellissimo film cui purtroppo non siamo riusciti a dare diritto all'esistenza. Allora decisi di andare avanti, scrivendo però quello che doveva essere il mio film, e abbiamo preso questo avvocato del diavolo che è, appunto, Roberto Natale. Poi, una serie di circostanze fortunate hanno permesso che arrivassi a Robert Englund, il quale apprezzò l'idea che, sulla carta, gli faceva pensare a un film alla Corman.

E come è avvenuto il coinvolgimento di Robert Englund?
Alessandro Perrella: E' stato un piacere con la "p" maiuscola lavorare con lui. Era qui a Roma, sono riuscito a parlarci e mi disse di inviargli il soggetto, poi, come mi aveva promesso, mi rispose dopo sette giorni e siamo andati avanti; è rimasto molto affascinato dal fatto che gli ho tolto la "maschera" di Freddy Krueger per renderlo un attore europeo. Vedi, la differenza tra l'America e l'Italia consiste nel fatto che, se per caso sul Sunset Boulevard a Los Angeles incontri Robert De Niro o Meryl Streep, tu li saluti e loro prendono tranquillamente il caffè con te. In Italia, invece, l'unico attore che ha un po' questa scuola è Giancarlo Giannini, gli altri più sono nessuno e più vorrebbero essere qualcuno. Per gli americani quello dell'attore è un lavoro del tutto normale, andare a scuola e fare l'actor studio significa applicazione, sacrifici. Infatti, un attore americano sa cantare, ballare, recitare, dar di spada. Cosa non sa fare un attore americano?

In un prodotto di questo tipo, secondo te è più importante lo splatter o l'atmosfera?
Alessandro Perrella: Diciamo che in questo film sono riuscito a conciliare le due cose, perché c'è una partenza molto crudele che poi interrompo bruscamente e vado a riprendere durante lo svolgimento.

Come avete finanziato il film?
Alessandro Perrella: Ringrazierò sempre tutti gli amici che si sono messi le mani in tasca fidandosi di me e che, dopo il preventivo, hanno aperto un conto in banca in cui è affluito quanto ci serviva. Non sono diventati ancora ricchi e non lo diventeranno, ma non diventeranno neanche più poveri di quanto lo siano ora. Il film lo abbiamo girato in tre settimane e quattro giorni compreso uno spostamento, più quattro ore di straordinari. E' stato difficilissimo realizzarlo e c'è riuscito questo miracolo, ma ora diventa impossibile poter accedere a un pubblico. A questo punto, io mi chiedo per quale motivo un festival di questa portata, al film che vince, anziché dare sovvenzioni che poi finiscono lì non mette a disposizione trenta copie e una distribuzione per farlo vedere.

Hai già in mente un nuovo film?
Alessandro Perrella: Stasera porto a un produttore le prime dieci pagine di una nuova idea che si svolge tra Canada e Sud Africa e che filtra l'horror e il thriller attraverso una grande storia d'amore. Adesso ho trovato la chiave del mio lavoro, perché lasciarla?

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