09 gennaio 2002 - Conferenza stampa
Silvio Soldini
Intervista al regista di "Brucio nel vento"
di Valeria Chiari
Ispirato al romanzo della scrittrice ceca Agota Kristof "Ieri", Silvio Soldini torna al cinema "difficile" con la storia di un uomo tormentato dal senso di colpa per aver ucciso il padre, e ossessionato dal ricordo della madre. Un uomo sradicato, "nato in un villaggio senza nome, in un paese senza importanza" e fuggito per rifugiarsi in un paese nuovo in cui non riesce a sentirsi parte integrante. Lavora in una fabbrica di orologi e ogni sera nel silenzio della sua casa, popolata esclusivamente dai suoi libri, scrive pagine su pagine e sogna di diventare uno scrittore. È un uomo dai sentimenti profondi: la sua forza e la sua fragilità sono legate a filo doppio in un tutto di energia e passione. In uscita il 18 gennaio "Brucio nel vento" partecipa alla corsa per il Leone d'Oro al Festival di Berlino di quest'anno.
È la prima volta che utilizza una sceneggiatura non originale per il suo film, perchè?
Perché è la prima volta che mi colpisce tanto la lettura di un libro. Mi ha fatto sentire impellente il desiderio di raccontarlo a modo mio, con le mie immagini.
Cosa l'ha colpita del romanzo di Agota Kristof?
Due cose principalmente. Volevo fare un film con un personaggio maschile che fosse protagonista dall'inizio alla fine, e l'uomo forte e insieme fragile di cui parlava la Kristoff era esattamente ciò che cercavo. La seconda cosa che mi ha colpito è stato il suo stile, secco asciutto, senza fronzoli, e semplice solo all'apparenza. Condivido molto quello che ha detto Lodoli: "Duro come una pietra".
Secco e duro ma anche surreale, difficile da trasporre sullo schermo insomma!
È stato indubbiamente complesso riuscire a ripensare l'essenzialità e visionarietà del romanzo in immagini. Oltretutto volevo evitare a qualsiasi costo di cadere nella trappola del "neo-realismo" e ridicolizzare tutta l'operazione.
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