24 Ottobre 2007 - Conferenza stampa
"Into the Wild"
Intervista al cast.
di Federico Raponi

Il regista Sean Penn e l'attore Emile Hirsh hanno presentato in conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma il film "Into the wild"

Il film è stato possibile grazie al consenso della famiglia McCandless. Che tipo di relazione avete avuto?
Sean Penn: con i genitori e la sorella di Christopher è nato un rapporto di fiducia reciproco costruito nell'arco di 10 anni, tanto ci è voluto perché mi dessero il permesso di portare sullo schermo la vita di loro figlio.
Emile Hirsh: la sorella, Corinne, mi ha illuminato più di ogni altra cosa, raccontandomi cose incredibili, molto importanti, che mi hanno aiutato a capirlo come non avrei mai sperato di riuscire a fare. A influenzare maggiormente la mia interpretazione è stato comprendere l'amore che lei provava per il fratello scomparso, di cui ancora oggi parla al presente.

In che modo avete evitato il rischio di fare del personaggio una specie di santo?
Sean Penn: è esistito davvero, e ha raccontato tutto in prima persona. Questo già evita la possibilità di creare una figura di santo. Anzi, nel descriverlo non ci tiriamo indietro di fronte al suo egoismo: del resto abbandona i genitori e la sorella che lo ama molto e non dà più notizia di sé. Il suo andare contro il materialismo non è totale, anche solo perché per spostarsi, almeno all'inizio, utilizza l'autostop, quindi automobili, quindi civiltà.
Emile Hirsh: ho sempre cercato di rispettarne l' autenticità: una persona reale e non un martire. Non siamo passati sopra le situazioni in cui si dimostrava immaturo o testardo. Abbiamo mostrato il suo grande amore, ma anche l'egoismo, l'immaturità e l'avventatezza. I suoi difetti servono a renderlo umano.

Come ha lavorato sulla fisicità del ruolo?
Emile Hirsh: Mi sono preparato prima, allenandomi costantemente. Sono sempre stato un tipo atletico, ma qui si andava oltre, si trattava di affrontare le rapide, il freddo dell'Alaska e i colpi di calore nel deserto.
Sean Penn: Scegliere di interpretare una parte o dirigere un film è come scegliere il partner, bisogna farlo bene. Emile l'avevo visto sullo schermo, e mi era piaciuto subito, sin dal modo di camminare. Abbiamo passato 30 giorni insieme a prepararci: avrebbe avuto la volontà di passare 8 mesi sul set in condizioni proibitive? Puntare su di lui è stata la miglior scommessa che abbia mai fatto.

Qual'è la cosa che la fa più arrabbiare?
Sean Penn: infinite cose che mi fanno arrabbiare e che per me sono un po' una specie di combustibile per la mia creatività. Ma la cosa che proprio non sopporto è quando la stupidità assume un valore troppo alto, una cosa che mi irrita moltissimo. In trent'anni di lavoro la mia più cara amica è stata la testardaggine. Recito ma sono innamorato della regia e quando scelgo un film sono molto cauto: non voglio cadere in trappola.

Per un attimo si vede Bush senior. C'era Bush ieri e c'è anche oggi, c'era la guerra in Iraq ieri e c'è anche oggi. Sembra quasi che il tempo negli USA si sia fermato. L'immagine era pensata in questo senso?
Sean Penn: credo che quella immagine possa essere letta così. Recentemente sono stato ad un concerto di Bruce Springsteen e lui rivolgendosi al pubblico ha detto: "Guardate quanta strada abbiamo fatto, ora stiamo tornando indietro". Beh, io condivido in pieno questa considerazione sul mio Paese.

La scelta di Eddie Vedder per la colonna sonora?
Sean Penn: avevo in mente fin dall'inizio di usare delle canzoni come elementi di sutura tra una parte e l'altra del film, come collante tra le varie transizioni. Ma non ho pensato a Vedder fino a che non ho avuto modo di vedere quello che Emile faceva del suo personaggio. Solo allora ho capito quale doveva essere il mood della musica e quale dovesse essere la voce perfetta per interpretare le varie canzoni.

Uno dei temi che il film affronta è la questione dei rapporti familiari…
Sean Penn: parlare di famiglia è una questione difficile. non credo nel pregiudizio di sangue, nei debiti verso i propri familiari: tutto va guadagnato. Quindi ogni figlio deve essere pronto a fare qualsiasi cosa se è necessario per cambiare pelle e scoprire chi è. Ognuno deve fare questa cosa comunque.

Cosa ha voluto raccontare attraverso questa storia?
Sean Penn: la prima parte del film è la storia della fuga di Chris dalla corruzione della famiglia e del mondo, ma la parte dominante è la scoperta di un luogo in sintonia con quello che il ragazzo sta diventando: la celebrazione della libertà.

Il cinema politico è in un momento fiorente…
Sean Penn: io faccio solo i film che sento il bisogno di fare. Quando scelgo un soggetto e mi metto alla regia non lo faccio per motivi di carattere politico, ma perchè sono colpito dalla storia che racconto. Certo è che però, nel mondo di oggi, con tutte le sue contraddizioni, quando si cerca di raccontare qualcosa di importante si finisce per diventare politici. Questo spiega anche il proliferare oggi di film politici nel cinema contemporaneo. Il problema è se sono davvero in grado di esprimere qualcosa.

Un messaggio per i giovani?
Sean Penn: credo che negli Usa e in Occidente siamo troppo dipendenti del comfort, e questo con gravi conseguenze. Con questo non voglio suscitare in loro strane reazioni, farli fuggire e metterli in pericolo, ma credo sia necessario fare un cambiamento e far battere i cuori più velocemente.

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