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26 Novembre 2011 - Conferenza
"Il Gatto con gli Stivali"
Intervista al regista e al cast.
di Federica Di Bartolo
Dopo essere diventato un beniamino di grandi e piccini in "Shrek" il simpatico Gatto con gli Stivali diventa protagonista del nuovissimo film d'animazione della DreamWorks. Un vero e proprio spin-off che racconta l'infanzia di questo simpatico e dolce micio dal pelo rosso, e a presentare a Roma questo divertente e scanzonato lavoro sono intervenuti Antonio Banderas, che presta la voce al protagonista, Sala Hayek, che dà la voce a Kitty Zampe di Velluto, il regista Chris Miller e il produttore Jeffrey Katzenberg.
Com'è nata l'idea di dar vita a questo spin -off che vede protagonista Il Gatto con gli stivali?
Jeffrey Katzenberg: Da quando, nel secondo film, il Gatto entra in scena con fare spavaldo, ha conquistato i cuori di tutti: è stato un momento incredibile. Già allora il suo destino era segnato. Per fortuna avevamo Chris nel nostro team creativo, che da sempre amava il personaggio e che aveva già lavorato sulla saga di Shrek, e che si è preso la responsabilità di assicurare a Gatto una sua avventura.
Come si è trovato a lavorare e dar vita ad un personaggio così affascinante?
Chris Miller: Per me è stata un'esperienza liberatoria: finalmente Gatto, questo grande personaggio, ha potuto muoversi in un proprio mondo, diverso da quello di Shrek. Questo film esisteva ancora prima che esistesse la storia in sé, è un film importante e potente che aspettavamo.
Nel film si parla molto di fratellanza. Pensate possa essere un antidoto contro i problemi di guerre e integrazione che affrontano le nazioni al giorno d'oggi?
Antonio Banderas: Ma perché devo rispondere io alle domande politiche? In realtà non vedo grosse problematiche politiche tra gatti e uova, ma se pensiamo alla prima apparizione di Gatto, in Shrek 2, dobbiamo ricordarci che entra in scena in qualità di assassino, ma che troverà poi in Shrek e Ciuchino una vera famiglia. In questo film scopriamo perché ha così tanta voglia di famiglia: è orfano e ha in seguito perso anche l'unica famiglia che aveva, i due legami che aveva in orfanotrofio. E' stato una vittima del bullismo, ma si era creato una squadra, una sorta di famiglia proprio con questo strano uovo. Il film è divertente, è epico, è comico ma soprattutto riflette l'importanza dell'amicizia e della lealtà, della capacità di perdonare. E questo, il sapersi perdonare, è l'unica cosa che secondo me serva davvero alla politica di oggi.
Salma Hayek: La fratellanza è un valore molto importante, fra i Paesi, certo, ma prima ancora fra le persone: è importante il legame che si instaura tra gli esseri umani. E' quando ci ricordiamo che siamo tutti esseri umani che possiamo superare le nostre differenze.
Banderas, quali aspetti La rendono simile al Gatto?
Antonio Banderas: Io adoro questo personaggio, ma sono un po' imbarazzato però a dire in cosa sono uguale a lui e cosa mi manca! Non sono coraggioso come lui, però in questo personaggio c'è sicuramente qualcosa di "Zorro", ma ha anche altri aspetti di personaggi epici tipo il "Robin Hood" di Errol Flynn, insomma degli eroi dei film di cappa e spada. Del Gatto è molto bello che ci sia una dicotomia tra la sua voce, voce forte, molto più profonda della mia vera voce, e il fatto che questa sia intrappolata nel corpicino di un gatto.
Come mai, se doppi in italiano, in conferenza non lo parli?
Antonio Banderas: Perché in questo caso non ho le risposte scritte in italiano! Mi piace moltissimo parlare italiano, ma ho anche paura di sbagliare!
Cosa ricordate di questa ultima esperienza al doppiaggio?
Antonio Banderas: Non mi ricordo molto, devo dire di esser molto stanco. La cosa più importante è creare dei limiti al proprio personaggio: è un processo difficile ma necessario, e una volta che lo si è fatto ci si comincia davvero a divertire molto. E' un processo creativo che coinvolge tutti, regista e attori. Noi forniamo il materiale su cui poi si andranno a disegnare le singole scene, perché la prima lettura si fa ancora quando il film non è stato ancora girato. Con il doppiaggio poi arrivano ulteriori difficoltà, per il labiale diverso dall'originale in primis, ma noi abbiamo avuto un direttore del doppiaggio italiano bravissimo, e siamo riusciti a fare tutto in due giorni. Ora devo tornare a Los Angeles per dare la voce a un altro breve film che sarà inserito nella versione dvd, e non vedo l'ora di potermi cimentare anche con la sua versione italiana.
Salma Hayek: Questo è davvero un lavoro da sogno. Non ho bisogno di essere sempre perfettamente truccata e pettinata, e posso essere ovunque con la fantasia. Poi il mio personaggio è bellissimo! E' molto femminista, è un personaggio forte, che riesce sempre ad avere l'ultima parola. Kitty salta qua e là, corre velocissima da un posto all'altro, e spesso quando sono nel traffico mi dico "quanto vorrei essere lei!". Per me è stato un lavoro liberatorio, divertente, che mi ha permesso di viaggiare, che con Katzenberg, che sa come si va per il mondo, è un'esperienza davvero da sogno: il divertimento che mi ha regalato questo film non è ancora finito.
Antonio, Lei hai doppiato sia la versione inglese, che quelle italiana e spagnola. Quali sono le difficoltà di doppiare in diverse lingue?
Antonio Banderas: È stata una sfida. E ogni versione ha le sue particolarità. Devi adattarti innanzi tutto ad un'altra lingua, rispettando ovviamente le caratteristiche del personaggio, ma con la consapevolezza che puoi anche aggiungere delle piccole cose. Ad esempio per la versione spagnola io ho proposto, e lo studio mi ha approvato l'idea, che Gatto parlasse con accento malagueno, mentre in italiano immagino avrò uno spiccato accento spagnolo. Dopo che lavori su un personaggio per un po', ti senti libero di dare un'aggiustatina qua e là, di far uscire cose di lui di cui all'inizio non eri nemmeno consapevole: qualche parola diversa, non so se migliore o peggiore, ma sicuramente tagliata per quell'audience specifica.
Jeffrey Katzenberg: In realtà quello che noi facciamo è un adattamento, piuttosto che un semplice doppiaggio. Abbiamo pensato i dialoghi specificatamente per il pubblico italiano, e non esistono due versioni uguali: ogni volta si è aggiunta ulteriore creatività all'opera. Ogni versione è originale, e a suo modo perfetta per ogni paese. Decisamente unica.
Come mai non avete inserito dei riferimenti alla saga di Shrek?
Chris Miller: Non abbiamo creato questo film pensando al futuro di Gatto, ma abbiamo piuttosto creato un mondo apposta per lui, una sua versione del mondo. Qui non c'è un mondo fiabesco d'ispirazione nordeuropea come quello di Shrek, ma uno che ha ispirazioni latinoamericane: abbiamo scelto di offrire un'interazione diversa, con altri riferimenti culturali che riflettono un'altra mitologia leggendaria, in cui si può inserire anche la leggenda di Gatto.
Quali sono state le difficoltà tecniche nell'animare questi personaggi così "morbidi"?
Jeffrey Katzenberg: Per darvi un quadro generale, data la complessità degli elementi con cui dobbiamo lavorare, anche con i migliori strumenti oggi a disposizione dell'animatore in una settimana di lavoro si riescono a realizzare tre secondi di film. Ecco perché per realizzare questo film ci sono voluti quattro anni.
Come avete lavorato su una sceneggiatura che comprende riferimenti così eterogenei?
Jeffrey Katzenberg: In questo senso gli attori danno moltissimo, tanto da diventare quasi degli autori anch'essi.
Antonio Banderas: La mia esperienza con Gatto è iniziata con Shrek, e quando mi è arrivato il copione di questo film, più che un vero copione era una scusa per iniziare a lavorare sul personaggio. Molte forze sono state coinvolte in questa fase: tantissime scene sono state sostituite rispetto a quella prima versione, molte battute sono nate dopo, era come lavorare su un organismo vivente in continua evoluzione.
Salma Hayek: A me invece la primissima versione non è mai arrivata, ecco perché ho detto che è stato strano immedesimarsi in Kitty. Chris però mi ha fatto un sacco di domande, perché il mio personaggio doveva essere allo stesso livello di Gatto, ma ancora non era chiaro in che modo si dovesse arrivare a questo risultato. Questo mi ha fatto sentire subito a casa, perché avevo la possibilità di dire quello che pensavo, non dovevo semplicemente "essere bella".
Chris Miller: Da parte nostra c'è stato un impegno collaborativo enorme. La storia è stata scritta da tutta la produzione, non solo dai sette sceneggiatori: sono trenta sequenze che compongono un puzzle gigantesco, che si evolveva di continuo.
Kitty e Gatto metteranno su famiglia?
Salma Hayek: Penso che a questo debba rispondere Jeffrey Katzenberg, perché è lui che pianifica tutto! Valentina, mia figlia, ci è rimasta molto male perché in questo film non si baciano mai, ma per il futuro, chissà...
Antonio Banderas: Hey ma...il padre sarei io! Dovrei rispondere io!
Jeffrey Katzenberg: Con questo film i personaggi hanno fatto innamorare anche noi, così come ci hanno fatto innamorare gli attori. La decisione su come questa avventura continuerà sarà determinata in primo luogo dal pubblico, e quindi ci affidiamo agli dei del cinema, ma soprattutto dalla possibilità di creare una buona storia e di avere un buon narratore.
Gatto ha in sé degli elementi dell'hidalgo, del caballero spagnolo?
Antonio Banderas: Certo, Gatto lo si potrebbe proprio definire un "caballero". Risponderò a questa domanda dicendo che questo è un film molto importante per noi latinoamericani a Hollywood, e in generale in tutto il mondo. E' una cosa da non sottovalutare, perché è una grande possibilità di riscatto per una minoranza etnica così corposa ma spesso bistrattata. Pensate che è il film con il budget più alto mai realizzato per una storia ispanica. I protagonisti sono gatti, ma sono anche eroi, i cattivi sono inglesi, mentre i buoni hanno l'accento spagnolo, e questo è significativo, se si pensa che quando arrivai a Hollywood mi dissero che avrei fatto sempre il cattivo, perché, in quanto ispanico, era questo il mio ruolo. La stessa scommessa vale per "Kung Fu Panda" e la comunità cinese, ed è bello che il cinema si stia battendo per sostenere la diversità culturale. La comunità spagnola negli Stati Uniti ha sofferto e lavorato moltissimo, ha combattuto per poter mandare i propri figli all'università, e questo percorso si riflette anche nel cinema, che ormai è uscito dai propri cliché. Anche il carattere dello stesso personaggio di Kitty è splendido, è allo stesso livello di un uomo, è forte e indipendente. Gatto non è un macho classico, non è uno stereotipo. Il loro modo di conoscersi e di amarsi è un nuovo modo di presentare la comunità ispanica.
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