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27 Marzo 2006 - Conferenza Stampa
"Factotum"
Intervista al regista e al cast.
di Francesco Lomuscio
Alter ego dello scrittore Charles Bukowski, Hank Chinaski viene portato sullo schermo da Matt Dillon in Factotum, per la regia di Bent Hamer. Attore e regista hanno incontrato a Roma la stampa, in occasione dell'uscita italiana del film.
Matt, quale era il tuo rapporto con Charles Bukowski prima di interpretare Factotum?
Matt Dillon: quando ero più giovane, circa vent'anni fa, ho letto tanti suoi libri e mi piacquero molto: ho cominciato con i racconti e sono passato ai romanzi. Quando Bent mi ha proposto di interpretare il film sono rimasto sorpreso, perché ho avuto modo di scoprire altri lati di Bukowski, come la vulnerabilità, l'immaturità e la timidezza.
Charles Bukowski è stato per più di una generazione un simbolo di trasgressione; la generazione di oggi forse non lo interpreta più così…
Matt Dillon: io penso che coloro che oggi leggono Bukowski hanno le stesse reazioni che avevo io vent'anni fa; sicuramente, i giovani oggi leggono poco Bukowski, o, meglio ancora, leggono meno di quelli appartenenti alla mia generazione, in quanto c'è più televisione e più computer.
Bent Hamer: io credo che qualunque artista abbia risonanza nel periodo in cui concepisce le sue opere, poi la qualità rimane, quindi penso che anche i lavori di Bukowski possano avere oggi un legame con argomenti contemporanei.
Matt, cosa cercavi in Bukowski quando lo leggevi da giovane e cosa cerchi nei suoi libri oggi?
Matt Dillon: credo che Bukowski sia sempre stato apprezzato dai giovani per il suo umorismo irriverente, quindi, all'epoca mi piaceva per questo motivo e pensavo che da adulto sarei passato ad autori più seri. Tramite lui ne ho scoperti altri che ammirava, come John Fante, poi, in età adulta, mi sono reso conto del fatto che Bukowski fosse uno scrittore serio, il quale aveva sempre avuto il coraggio di esporsi attraverso le sue opere.
Bent, hai mai visto Storie di ordinaria follia di Marco Ferreri?
Bent Hamer: Sì, l'ho visto, ma quando ho deciso di realizzare Factotum ho preferito non vedere altri film sul tema, al fine di non essere influenzato. Con Matt abbiamo cercato di evitare di fare un personaggio che assomigliasse in tutto e per tutto a Bukowski.
Matt Dillon: la prima cosa che ho pensato quando incontrai Bent era che non avevo somiglianza fisica con Bukowski, poi, però, mi ha detto che non sarebbe stato un personaggio troppo fedele a lui.
Bukowski raccontò di aver trascorso il 10% del suo tempo a scrivere ed il restante a pensare di scrivere, anche per te è così Matt?
Matt Dillon: sicuramente il mio mestiere ed i tempi che richiede sono diversi da quelli di uno scrittore: il lavoro dell'attore è secondo me quello di facilitare la visione del regista; certo, con Bent ci sono state delle incomprensioni, ma lui stesso mi ha detto che ciò fa parte del nostro mestiere.
Matt, ultimamente hai lavorato in due film a basso budget, Crash-Contatto fisico e Factotum; hai trovato differenze nel modo di lavorare, rispetto alle produzioni hollywoodiane?
Matt Dillon: beh, per quanto riguarda le differenze quello che conta non è il costo, perché se il film non funziona la colpa non è del budget, poi il giudizio finale è soggettivo. I prodotti a basso budget sono spesso quelli più interessanti, non volti esclusivamente al business perché i loro registi vivono un po' fuori dalla concezione del cinema di Hollywood. In questo caso avevamo Jim Stark, un produttore ferocemente indipendente e, nel girare, c'è stata qualche difficoltà pratica, come, ad esempio, lavorare senza cellulare e senza camper, però c'erano tante location perché il personaggio protagonista del film fa molti lavori diversi; quindi mi chiedevo sempre: "Come farò di volta in volta a trovare un posto diverso per cambiarmi i vestiti?". Alla fine mi hanno dato una roulotte.
Bent, perché hai scelto Bukowski e quale è la tua visione nei suoi confronti?
Bent Hamer: tutto è nato dall'incontro a Cannes con Jim Stark, il produttore ferocemente indipendente di cui ha appena parlato Matt; quindi sono andato a rileggermi Bukowski in maniera sicuramente meno esistenzialistica rispetto a quando ero giovane. Quello era il primo livello di lettura, in questa seconda ho cercato di andare più in profondità, leggendo anche le sue poesie. Non voglio glorificare Bukowski, mi piace la sua solidarietà nei confronti della gente che vive ai margini ed è pieno di humour, ma non è patetico; molte persone si fermano alla sua visione come ubriacone e uomo pieno di donne, ma, dopo aver parlato con Linda Bukowski, ho scoperto, tra l'altro, che era un uomo ordinato e non trasandato.
Matt, hai mai visto Barfly-Moscone da bar con Mickey Rourke, altro film su Bukowski?
Matt Dillon: sì, l'ho visto quando uscì, a metà Anni Ottanta, però, come diceva Bent, abbiamo cercato di non farci influenzare; poi, il film l'ho visto molto tempo fa e sicuramente mi piacque molto, ma non può avere avuto ripercussioni sulla mia interpretazione.
Che ruolo ha avuto Linda Bukowski nel film?
Matt Dillon: Bent ha parlato molto con lei, quindi lascerò che risponda lui; con me è stata molto disponibile, mi ha fatto capire il modo in cui Bukowski vedeva il mondo, sia come scrittore che come persona, c'era in lui anche timidezza. Sulla sua lapide c'è scritto "Non ci provare".
Bent Hamer: sono stato anche un paio di volte sulla sua tomba insieme a Linda ed era divertente vedere molta gente che veniva lasciando birra o anche un sigaro sulla lapide.
Matt Dillon: tra l'altro, ho scoperto un Bukowski non misogino, quasi da commedia romantica. Le donne nel film vengono dipinte come esseri molto forti, ma anche molto negativi e sbandati, perché così era Hank Chinaski, l'alter ego di Bukowski.
Matt, dopo l'esordio registico con City of ghost pensi che tornerai a dirigere un film?
Matt Dillon: sicuramente, c'è qualcosa a cui sto lavorando, ma preferisco non parlarne per ora.
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