15 Ottobre 2007 - Conferenza stampa
"Die Hard - Vivere o morire"
Intervista al protagonista.
di Andrea D'Addio

Che Bruce Willis sia a Roma per promozione del suo nuovo film lo si capisce fin da subito. Sul cappellino da baseball che porta, c'è in bella vista la scritta Die Hard. E anche la maglietta, come il suo John McClaine è bianca, anche se non è canotta (il che farebbe molto più rozzo, ma anche supereroe,ma girocollo). Per il resto un completo grigio e scarpe nere. Per imprevisti inspiegati bisogna attenderlo una ventina di minuti in più. Lui ci scherza subito su e forse per scusarsi mostra un perenne sorriso ad ogni domanda.

John McClane è un suo personaggio da più di vent'anni. Lei nel frattempo è cresciuto sia artisticamente che d'età, ma c'è qualcosa che ancora la lega a questo ruolo? anni. Cosa la lega al personaggio?
Bruce Willis: La continuità del personaggio è essenzialmente ciò che io ero e ciò da cui venivo. Avevo trent'anni all'epoca del primo Die Hard Quando mi è arrivò la proposta di interpretare quel ruolo avevo fatto giusto televisione per un anno . Nel primo Die Hard avevo solo 33 anni. L''offerta di un ruolo così importante ad un attore sconosciuto fece scalpore ad Hollywood. Sono cresciuto nel New Jersey e quando cresci in una determinata città ci sono alcune caratteristiche che ti porti dietro. In McClane c'è molto NewJersey, in lui ritrovo me da giovane. Lui nel frattempo è un uomo che in questi anni non è cambiato molto, a parte il fatto che è diventato più vecchio, più lento nei movimenti, e più irascibile e nervoso, ma è un'evoluzione caratteriale comune a molti uomini.

Come si è preparato per questo nuovo capitolo della saga di Die Hard?
Bruce Willis: Dovevo fare in modo di reggere riprese molto veloci e i tempi serratissimi della produzione. Abbiamo girato in un mese e mezzo. Oggi non rimbalzo più come quando ero ragazzino e mi faccio molto più male quando mi lancio dalle macchine in corsa. Ci sono stati un paio di incidenti infatti. In più non è facile competere con ragazzini che non erano nemmeno nati quando è uscito il primo Die Hard. Non è stato semplice tornare a interpretare questo ruolo, ma di certo è stato un piacere.

Il suo personaggio fa cose incredibili, ma rimane la simpatia. Quanto c'è in questa caratteristica di lei persona?
Bruce Willis: Si, è il risultato del mio lavoro, la comicità fa parte di quella continuità di cui parlavamo prima. A parte un paio di membri della troupe, penso di essere l'unico ad aver partecipato dal primo all'ultimo episodio. Nel film accadono tante cose incredibili e perciò penso che abbiamo creato un trend, perché siamo il primo film a far fare al personaggio cose così incredibili, ad essere realizzato come un vero e proprio giro sulle montagne russe. Ovviamente spero che a nessuno venga in mente di lanciarsi da un'auto in corsa a 150 kilometri orari. McClane è uno di quegli eroi vecchio stile, da puro intrattenimento, rocciosi, con un preciso codice d'onore e soprattutto cinici. E poi è uno che non si ferma mai, puoi ferirlo, puoi mettergli tirargli contro di tutto, ma lui continua per la sua strada, ed è quello che al pubblico piace

Come mai non è stato richiamato come regista del film John McTiernan?
Bruce Willis: Francamente non so dire se era impegnato o meno, è una scelta che hanno fatto gli Studios. Il primo e il terzo, diretti da lui, erano molto buoni. Ma anche qui abbiamo un ottimo regista come Len Wiseman, che è un narratore per immagini formidabile

E' un periodo c'è il ritorno di attori come lei e Sylvester Stallone all'action movie e ai loro storici personaggi…
Bruce Willis: Tanta gente desiderava vedere questi personaggi di nuovo sul grande schermo, ma è' stato un grosso rischio e c'è voluto tanto tempo e lavoro prima di girare nuovi capitoli di storiche saghe, come Rocky o Die Hard. Se il primo film non avesse avuto il successo che ha avuto, sarei tornato a fare qualche triste programma televisivo. E' bello recuperare questi personaggi, ma se fallisci, se non realizzi un film all'altezza dei precedenti, tutti ti puntano il dito contro.

Il dolore fisico è uno degli elementi che caratterizza la saga di Die Hard. Si potrebbe affermare che John McClane sia il primo eroe masochista della storia del cinema?
Bruce Willis: Non ci avevo mai pensato,ma credo che sia un'ottima idea. John McClane, l'eroe masochista. Non importa se riesce a risolvere il crimine, l'importante è che ci sia sangue e dolore. Nel 1987, all'epoca del primo film, abbiamo avuto l'opportunità di dimostrare cosa succede se sfondi una vetrata e abbiamo fatto fare al personaggio cose spaventose, alle quali riusciva sempre a sopravvivere. Abbiamo sfondato un muro che poi ha ispirato tanti e tanti film.Tutto quello che ha fatto McClane fa parte ormai della mitologia e questa saga rappresenta un piccolo manuale di sopravvivenza per il John McClane che verrà.

Uno dei temi fondamentali del film è il rapporto tra analogico e digitale. Che rapporto ha lei con la tecnologia?
Bruce Willis: Devo dire che il tempo oggi è diventato sempre più compresso con la presenza di computer e informatica dappertutto. Oggi tendiamo a dare tutto per scontato e giriamo con un computer minuscolo che è diventata normalità. Io cerco di mantenermi a passo con il progresso e a non farmi travolgere da questa corsa sfrenata della tecnologia.

Sente ancora forte il desiderio di fare un cinema diverso da quello d'azione?
Bruce Willis: Quando ero più giovane immaginavo che quando mi sarei avvicinato ai 40 o ai 50 anni mi sarebbero stati offerti ruoli più seri e che mi avrebbero fatto maturare come attore. I miei prossimi film sono molto importanti: Pinkville di Oliver Stone sul massacro di My Lai nel Vietnam del 1968 che è un lavoro che si allontana un po' dalla cinematografia di Stone e Against All Enemies, con Robert Redford, tratto da un libro di Richard Clarke, che tratta di ciò che è accaduto presso la Casa Bianca dopo l'11 settembre e del tentativo che c'era stato di avvertire della possibilità di un attacco terroristico agli Stati Uniti, un avvertimento rimasto inascoltato.

In Die Hard - Vivere o morire il cattivo è un personaggio che lavorava presso la Casa Bianca e aveva cercato di avvisare del pericolo imminente. E' una paura che quindi esiste negli Stati Uniti…
Bruce Willis: Si, gli Stati Uniti, prima dell'11 settembre, si pensavano invulnerabili. Purtroppo poi gli eventi hanno dimostrato che così in realtà non era.

A proposito di Casa Bianca. Crede che il suo prossimo inquilino sarà un uomo di colore, una donna o qualcun altro?
Bruce Willis: E' un periodo molto interessante. Alla Casa Bianca, quando ero ragazzino, era impensabile che potesse andarci un uomo di colore o una donna come oggi. Io dico solo: ci vada chi vuole. Io non mi interesso di politica e non sto seguendo la campagna elettorale che sta imperversando su tutti i mezzi di comunicazione, risultando a conti fatti soprattutto un grande show. Quello che mi importa davvero è che chiunque diventi il nuovo presidente degli Stati Uniti faccia qualcosa di concreto per fermare il terrorismo.

La conferenza però non finisce qui. Willis infatti mentre conclude la risposta si alza in piedi e comincia a stringere uno ad uno tutti i giornalisti presenti in sala (compreso chi scrive) ringraziandoli per la presenza. Ruffianeria o no, il gesto non è affatto dispiaciuto..

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