Festival di Cannes 2010

Cannes 2010/ Diario del giorno


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Il Diario da Cannes.
Il diario quotidiano dei nostri inviati con il resoconto di quanto accade al Festival, cinema ma non solo...



21.05.2010 - Star che non si reggono in piedi causano giornalisti che non si reggono in piedi

La festa al Vip Room di Cannes della notte tra giovedì e venerdì, di cui vi avevamo anticipato nel diario di ieri, sembra una di quelle che si vedono nei video dei rapper americani. Lo spazio è enorme, si può o ballare fuori, a bordo di una piscina (chiusa), o dentro, dove un enorme sala circolare divisa in tre fasce raccoglie centinaia di selezionati (?) invitati. Nella fascia più esterna ci sono i privè, in quella di mezzo si cammina (almeno in teoria) mentre nel nucleo centrale c'è una grande pedana rotonda che lentamente gira su se stessa. Al centro di questa c'è un cubo dove chi vuole si può mettere in mostra e mostrare a tutti i proprio talento da ballerino. Una delle sezioni esterne della sala è dedicata alla postazione del deejay, una sorta di trono che fuoriesce a mezza altezza da una delle pareti laterali e che dietro ha un pubblico che guarda il resto dall'alto in basso. Lassù, a dirigere il ritmo della serata c'è Timbaland, uno dei più grandi produttori musicali degli ultimi vent'anni (suoi sono molti dei cd più venduti al mondo, da Justin Timberlake a Nelly Furtado). Dietro di lui ci sono tre ragazze semivestite che ballano sensualissime coreografie. Quando sono stanche, altre tre prendono il loro posto. A ballare, di sotto, ci sono ragazzi e ragazze di tutte le età. Il tasso di bellezza generale è altissimo. A Cannes, durante il festival, c'è la più alta concentrazione di attori e attrici del mondo. Più di Hollywood. Se anche sul proprio cuore si ha il tatuaggio del nome del proprio amore, è impossibile non notare la quantità e la qualità di così tanti esotici fascini. E' una vera e propria fiera del sex appeal. Ad un certo punto la musica si interrompe e Paul Haggis, uno dei più grandi sceneggiatori della nostra epoca nonché premiato con il premio Oscar anche come regista di Crash, prende la parola. La serata è di beneficienza, sarebbe bene comprare una delle magliette in vendita per 50 euro o fare una donazione. Il giorno dopo scopriremo che il totale del denaro raccolto sarà di circa 100mila euro. L'organizzazione della serata non ci è sembrata meno cara, forse la vera beneficienza si sarebbe fatta non spendendo soldi per coreografie, personale e affitto sala, ma vabbeh, magari ci sbagliamo e la cosa ha funzionato davvero. Paul Haggis assomiglia ad un Woody Allen più alto e leggermente robusto. Non penseresti mai che si metta a calcare i tappeti rossi posti fuori dalle discoteche, faccia photocall con la boccaccia e passi serate in discoteca, ed invece sta lì che balla in mezzo a ragazzi vent'anni più giovani di lui come un pesce in un acquario. Gli stessi ragazzi e ragazze che lo circondano sono quelli che, poco prima, potrebbero essere quelli usciti poco prima dal bagno tirandosi sù per bene un naso che purtroppo non sembra serva solo per respirare. Non è un problema nostro, ci mancherebbe, anche se ci fa sempre un certo effetto vedere come non ci si accontenti di stare un posto fichissimo con bella gente per divertirsi. Si vuole sempre il massimo (che poi massimo non è).
Al bancone una birra costa 15 euro, un cocktail 22. Quando usciamo nello spazio all'aperto, incrociamo una Ornella Muti che si è messa in consolle accanto quel deejay di colore che, ci dicono, sta sempre al Chiambretti Show (chi scrive abita in Germania e da tempo non ha possibilità e volontà a guardare la nostra tv). Lui incensa lei, "una grandissima diva", cercando nel pubblico antistante qualche grido di approvazione, ma rispondono tre persone, le stesse che dopo venti minuti usciranno con la Muti dicendole che ha un vestito bellissimo e che domani il taxi la attende alle 11 al porto. A vederla ora, quella che un tempo era un'attrice bellissima, fa purtroppo un po' impressione. Il viso è molto diverso da allora, la ricerca di una gioventù perenne non fa bene. Ma non si può invecchiare con classe? Quando le si guardano le mani, ogni trucco scompare e il dispiacere che cresce dentro di noi nel vedere con i nostri occhi ciò che alcuni sono disposti a fare pur di apparire bene in foto o in tv, è più alto che mai. Sembra che ci caschino tutti, perché? A pochi metri da noi Eva Riccobono balla in maniera meccanica. Passo a destra, passo a sinistra, passo a destra, passo a sinistra. Un ragazzo, probabilmente qualcuno che lei non conosce, la saluta in cerca di un cenno d'intensa, un "grazie, mi fa piacere che mi hai riconosciuto", ma lei continua a guardare fisso davanti a sé. Bah. Rientriamo in sala e, dopo un paio di canzoni, Timbaland annuncia che c'è Lionel Richie pronto a salutare il pubblico. Probabilmente la maggior parte dei presenti non sa chi sia, sono troppo giovani per ricordare, ma quando iniziano le prime note di All night long, anche quei pochi che erano riusciti a resistere al richiamo della musica, scendono in pista a cantare a squarciagola il ritornello. Il sudore viene ben disperso da un sistema di aerazione che dovrebbe essere imposto per legge in qualsiasi altro locale pubblico, soprattutto d'estate, e così, anche se lo spazio per muoversi è poco, è comunque piacevole ballare con uno spazio di libertà di trenta centimetri quadrati cercando di non darsi gomitate negli occhi e pestoni sui piedi. Quando usciamo, sono le 4 e trenta del mattino. Alle 8 e 30 abbiamo un film. Lo perderemo e lo vedremo solo alle 11, in replica. La sveglia delle 7 e 10 infatti non la sente nessuno e se ci alziamo alle 9 e 30 è solo per il rumore del treno. Saremmo andati avanti per un giorno intero forse. Il primo, e unico, film della giornata è "Outside the law", epopea sulla storia dell'indipendenza algerina. Si tratta di una "meglio gioventù" in salsa nordafricana. Tra i coproduttori c'è anche l'italiana Eagle, quindi lo si vedrà da noi, prima o poi. Il film si segue, anche se le due ore e trenta risultano un po' lunghe da digerire. I dialoghi sono un po' banali, anche la regia non è eccezionale, ma nella povertà di buoni film visti finora in concorso, ben venga un racconto fluido che ha un inizio e una fine. Fuori dal palazzo le polemiche per l'inclusione di questo film nel festival sono alte. C'è stato pure un corteo. I francesi, infatti, non ne escono bene dal film: si mostra come ne abbiano fatte di tutti i colori e di come, il terrorismo eseguito all'epoca dal Fronte Nazionale di Liberazione, fosse sostanzialmente giusto.
Sono le 13 e 30 e siamo invitati ad un pranzo assieme a tutti i giornalisti del festival presso il castello di Cannes. Organizza il sindaco della cittadina. Sembra una sagra di paese, si mangiano uova sode, patate, fagiolini, merluzzo e salse di cipolle. Non ci sono tavoli, ma vere e proprie tavolate con la tovaglia di carta e così è facile conoscere giornalisti provenienti da tutto il mondo. Il vino squaglia qualsiasi ostacolo linguistico. Per fortuna non c'era la mia professoressa di francese, la mia pronuncia è talmente sgradevole che ascoltandomi ho paura che si rompano i bicchieri. A pochi metri da noi mangia la giuria ufficiale del festival: Tim Burton, Giovanna Mezzogiorno, Benicio Del Toro, Kate Beckinsale e il resto della truppa. Non ci si può avvicinare, attorno a loro ci sono quattro transenne e qualche bodyguard. Chissà mai che gli potremmo fare! Alle 16 abbiamo finito e ce ne andiamo in sala stampa consci del fatto che fino a quel momento non si è combinato poi tanto. Scriviamo per cinque ore e alle dieci siamo già in macchina per cercare un ristorante ad Antibes, cittadina che ci dicono molto bella. Così è, anche se l'unico ristorante che troviamo aperto ha il preoccupante nome di "La Bamba" e a quell'ora cucina solo pizze e pasta, niente pesce. Ma va bene lo stesso così, mangiamo, facciamo una breve passeggiata e ritorniamo velocemente a casa. Bisogna dormire, bisogna recuperare un po' le energie prima dell'inizio del weekend. Mancano solo due giorni. Cannes ormai è ai nostri piedi.

di Andrea d'Addio

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