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"MERCY"
siamo andati a vederlo, in anteprima, per voi.
Resoconto del nostro inviato Valerio Salvi |
Diario del "Visionario"
(lunedì 24 Luglio 2000)
Siamo praticamente ad agosto, la gente va in ferie, fa un caldo allucinante, ma ancora presentano dei film. Va beh! Ma ci vanno in vacanza questi? A no, dimenticavo che è l'anno in cui si vogliono lanciare film anche in estate per rendere il mercato sempre appetibile, in un'ottica molto americana. A parte rare eccezioni forse è il caso di calare un velo sui film usciti quest'estate.
Ma entriamo nella fossa dei leoni, oggi mi sento un pò gladiatore, prendo il press-book, saluto, rubo - oops scelgo - le foto e quindi mi posiziono per la visione. Un thriller, ottimo! Mi piacciono molto e poi mi diverto a scoprire l'assassino, che si sa è il maggiordomo. Prima delusione, non ci sono maggiordomi!
Commentare un thriller è sempre un'impresa particolarmente ostica, anche perché con una parola fuori posto potrei svelare importanti nodi della trama cui è legata la suspance. Un esempio su tutti: "Il Sesto Senso". Nel trailer si vedeva il bambino che vedeva e comunicava con le persone morte; per ben 40 minuti del film Bruce Willis indaga parlando con il bambino cercando di capire il suo problema e quindi...colpo di scena, scopre che parla con i morti. Ma noi già lo sapevamo grazie all'intelligentissimo trailer!!!
Ma torniamo all'argomento principale. Dai titoli di testa comincio a pormi delle domande sul montaggio, infatti sembrano quelli di un tipico film fine anni 60: molto sincopati e con immagini ritagliate nello schermo quasi a fornire degli spezzoni di vita (molto simili a "Il Caso Thomas Crown" - Norman Jewinson 1968); il resto del film è comunque impostato in maniera classica, ma il montaggio resta comunque pessimo: stacchi troppo netti, salti narrativi e un generale senso di incomprensione del tutto.
Nel complesso il lavoro risente sicuramente della narrazione frammentaria, infatti sia i dialoghi scontati e un pò banali, sia la storia, imperniata più sull'atmosfera erotica (il tutto è ambientato nell'ambiente omosessuale femminile permeato da impulsi sadomasochisti) che sull'effettivo valore della suspance, rendono il film un prodotto che non lascerà certo un segno nella storia del cinema. Ritengo che spingere sul lato erotico di una pellicola per catturare il pubblico, sia una manovra quasi demagogica e che comunque porta ad un ritorno immediato, ma penalizza la longevità del film.
Damian Harris (figlio del più famoso Richard) è qui al suo terzo lavoro dopo "Doppio Inganno" e "Cattive Compagnie" (non quello con J. Spader e R. Lowe), e decisamente dimostra di non essere tagliato per le atmosfere thriller. La figura dello psicologo, interpretato da Julian Sands, è quasi patetica ed il tentativo di incrociare le vite dei vari protagonisti risulta forzoso.
La chicca: all'inizio de film ci troviamo di fronte ad un "gap" narrativo molto forzato: la detective Catherine Palmer trova, nascosta in una botola sotto la moquette, una valigetta con strumenti sadomaso che porterà quindi all'avvio delle indagini. Quale è il meccanismo mentale che porta una persona a tagliare la moquette in un punto a caso di una stanza per aprire una botola segreta? Mistero di Hollywood!
Curiosità: Notoriamente i poliziotti americani sono degli spiantati pieni di debiti quindi mi risulta difficile credere che riescano a possedere una casa come quella di Catherine Palmer, grande, molto bella e, chiaramente, arredata da un architetto.
Indicazioni: Per chi ha un gusto un pò vouyeristico e non ha un "palato" troppo smaliziato.
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