29 Ottobre 2008 - Conferenza stampa
"A corte do Norte"
Intervista al regista e al cast.
di Federico Raponi
Il film "a Corte do norte" è stato presentato dal regista João Botelho in conferenza stampa al 3° Festival Internazionale del Film di Roma.
Un'attrice, Ana Moreira, in ruoli differenti per ritratti di donne non sottomesse…
João Botelho: Ana sa essere una nonna di 70 anni, un'attrice di teatro, una prostituta di 17 anni, estremamente fragile e anche perversa. All'inizio del film c'è il quadro "Giuditta e Oloferne" di Caravaggio come simbolo di liberazione, con una donna che prima seduce e poi taglia la gola dell'uomo. L'idea del romanzo di Agustina Bessa-Luìs - che mischia fatti storici a invenzioni - è quella di donne forti e uomini deboli, e non solo: mentre l'attrice teatrale nella realtà non era bella, l'autrice la reinventa somigliante a Elisabetta d'Austria, la principessa Sissi. Sissi era una donna piuttosto emancipata, la prima donna del secolo scorso ad avere tanto potere e a comportarsi come un uomo, anticonvenzionale e scandalosa. Troppo innovativa rispetto ai suoi tempi: è stata a Medeira per 4 mesi, durante i quali beveva con i pescatori, andava a cavallo, ballava tutta la notte nelle bettole.
Un film che si affida più alla potenza espressiva del cinema che alla narrazione, la storia è molto complessa e stratificata…
João Botelho: il cinema è molte cose differenti, e io cerco di realizzarne una parte. Mi piace la composizione dell'immagine, la poesia della prosa, una frase di Hawks che diceva: "quando arrivano gli attori, il cinema va indietro di 20 anni", la recitazione ma non il manierismo, la letteratura, la materia nel cinema, l'arte. E anche il fatto che al cinema, in sala, non si parla. Per questo mi sono sempre piaciuti i film muti.
Perché la scelta del digitale?
João Botelho: è la mia prima esperienza con il digitale. Prima di tutto l'ho utilizzato perché costa meno, e noi avevamo pochi soldi ma la storia era importante da realizzare, per me. Il cinema non è un'arte pura, comprende l'architettura, la musica, la fotografia, e il digitale lo pone molto vicino alla pittura con i chiaroscuri, le ombre e le luci. Però bisogna farlo bene, ad esempio necessita di molta più luce e controllo rispetto al 35mm. E' importante anche il materiale da filmare, perché se è pensato per il 35mm non va bene. Ci vorrà ancora qualche anno per arrivare alla qualità del 35mm, la differenza ancora si vede troppo, gli attori vanno truccati di più. Per il resto, io ho un'enorme libertà nel mio paese, questo non ha prezzo. E non giro film per fare soldi.
Cosa è cambiato negli ultimi tempi?
João Botelho: non so se sono cambiato io, ma il mondo sì. Devo adeguarmi ai mezzi limitati, però sono contento così. Oggi sono più vicino al radicalismo dei miei primi anni rispetto alla fase intermedia. Il cinema è sempre più lontano dall'idea che piace a me, non si parla delle immagini, del suono, del punto di vista, ma delle star. Il cinema vive di parabole, ha momenti di ascesa e decadenza, e quello odierno è più adatto ai miei nipoti, l'idea di Rossellini di un cinema povero ma con molte ambizioni è lontanissima, ma io mi sento vicino a lui. E sono qui a Roma per ammirare Bellini più che per vedere altri film.
Com'è oggi, fare cinema?
João Botelho: molto difficile, e ancora di più farlo vedere. Non c'è spazio. Il film doveva arrivare nelle sale questo mese in Portogallo, ma uscirà il nuovo "007" e quindi il mio slitterà a Gennaio. Comunque sono un ragazzo fortunato, ho fatto 14 film e sto lavorando al nuovo, tratto dal "libro dell'inquietudine". Molto letterario, e più difficile di questo.
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