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A corte do Norte
L’annuncio in apertura ("ascoltate la mia voce e seguitela, così non vi perderete") avverte che, con il pretesto dell’indagine su un mistero, si sta intraprendendo un viaggio quasi ipnotico in una complessa storia multipla e ad incastri dalla metà dell’800 a quella del ‘900, con molti personaggi e la maiuscola prova di Ana Moreira, il cui talento è ripartito in cinque ruoli dalle differenti età.
In una lunga carriera, João Botelho ha girato 14 film ed è anche illustratore di libri per bambini, ha diretto una rete di cineclub regionali, insegnato, fondato una rivista di cinema, fa il critico e regista per TV, cortometraggi e documentari. Dall’omonimo romanzo di Augustina Bessa-Luìs, con "a corte do norte" Botelho mette in piedi un’opera protofemminista e antimaschile ("odio gli uomini", "ah, se fossi un uomo!") con ritratti ribelli, tra chi lascia marito e figli e muore per incidente, uccisione o suicidio (è questo il caso a pretesto di partenza) perché incinta del cugino, e chi è ostile alla monarchia, cavalca, beve con i pescatori. Nonostante i pochi mezzi, molta attenzione formale e al compendio d’arti: teatro, composizione figurativa (con attori immobili mentre la cinepresa si muove intorno a loro, o "Giuditta e Oloferne" di Caravaggio ricostruito in carne e ossa), musica (da "la Traviata" di Verdi al ballo in costume sul valzer di Strauss) e poesia, affidata all’onnipresente, testuale voce fuori campo e alle location (una delizia cromatica i massi di pietra nerastra ricoperti di alghe di un verde fluorescente) di Madeira, isola battuta dalle potenti onde dell’Oceano Atlantico ad evocare forze femminee, passionali, inconsce. Un cinema statico nel proprio contemplarsi ma dai risultati esteticamente discutibili, e a dare maggior fastidio sono il taglio, l’intensità e la definizione di una luce niente affatto calda e pastosa, anzi proprio in piena antitesi con la citazione pittorica. Limite di un digitale che è usato dal cineasta per la prima volta, e in modo deleterio apparenta alla televisione.
La frase: "Questa donna, anche fatta a pezzi, è meravigliosa".
Federico Raponi
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