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Sono Solo Fantasmi

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Francesco Lomuscio11 novembre 2019Voto: 6.0
 

  • Foto dal film Sono Solo Fantasmi
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Come sarebbero stati i Ghostbusters se, anziché andare a stanare spettri per le strade della New York degli anni Ottanta, si fossero trovati nella sempre più superstiziosa e credulona Napoli d’inizio terzo millennio?

Partendo da un soggetto a firma dei Nicola Guaglianone e Menotti che furono tra gli artefici dell’acclamato “Lo chiamavano Jeeg robot” di Gabriele Mainetti, ma guardando, più o meno vagamente, anche a “Sospesi nel tempo” di Peter Jackson, prova a risponderci Christian De Sica attraverso la sua nona prova dietro la macchina da presa, concepita con l’apporto del non accreditato figlio Brando.
Prova di cui è anche interprete nei panni di un illusionista proto-Giucas Casella che, finito in bolletta, alla notizia della morte del donnaiolo e giocatore incallito padre torna nel capoluogo campano affiancato dal fratellastro dal volto di Carlo Buccirosso, sottomesso a moglie e suocero settentrionali.
Capoluogo dove i due scoprono di avere anche un terzo fratello incarnato da Gianmarco Tognazzi, apparentemente un po’ tonto ma insieme al quale, appreso che i debiti del genitore scomparso hanno fatto sfumare l’eredità e portato un’ipoteca sull’appartamento in cui alloggiano, si ritrovano improvvisamente a svolgere con successo l’attività di acchiappa fantasmi.

E, mentre a farsi vivo è, in maniera inaspettata, proprio lo spirito del defunto, la circa ora e quaranta di visione che prende progressivamente forma si rivela talmente atipica per la cinematografia italiana del XXI secolo da risultare non poco difficile da giudicare. Perché, man mano che la “You never can tell” di Chuck Berry fa da colonna sonora e all’interno della vicenda sono facilmente avvertibili le ombre del precariato e della crisi, ingredienti da vero e proprio film dell’orrore arrivano con il risveglio della Janara, temibile strega interessata a distruggere la città.
Ingredienti che, in maniera paradossale, sembrano funzionare decisamente meglio rispetto alla parte comica dell’operazione, capace di strappare soltanto una ristrettisima manciata di risate in mezzo a gag con pipistrelli, un terno da giocare al lotto e perfino una frecciatina a Barbara D’Urso; fino a tirare in ballo, oltre alle immancabili volgarità verbali, un fantasma scorreggiatore e un fugace momento trash a base di escrementi a fontana.

Tutto all’insegna di un assurdo corto circuito in fotogrammi destinato ad originare un miscuglio fino ad oggi inedito nello stivale tricolore che, infarcito con più di un omaggio al compianto maestro della Settima arte Vittorio De Sica (a cominciare dalla frase “La carta sa da chi deve andare”, recuperata da “L’oro di Napoli”), possiede il respiro di un vero e proprio film di genere molto più di tante altre produzioni che si sono proposte in tempi recenti di sfornarne.
Quindi, sebbene chi si aspetta l’ennesima commedia da settimana natalizia in sala potrebbe avvertire un ritmo generale tendente a lasciare a desiderare, ci sembra giusto almeno premiare il notevole, coraggioso sforzo di dispensare finalmente qualcosa di diverso al pubblico del Bel Paese... tanto più che, complici non disprezzabili effetti digitali, le sequenze con protagoniste le presenze maligne non hanno nulla da invidiare a più costosi titoli d’oltreoceano, riuscendo addirittura a far sobbalzare dalla poltrona.


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