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Son frère
Il fratello maggiore ha il sangue malato. Le sue piastrine muoiono e non si sa bene chi nel suo corpo le uccida. Da grande e protettivo, diventa, agli occhi del minore, che non vede da tempo, magro ed indifeso. La malattia porta alla morte, anche solo in presenza di una banale emorragia. Luc, il minore, accetta di occuparsi del fratello Thomas, e percorre insieme a lui il calvario che strappa al malato la carne e tutto ciò che solidamente lo lega a questo mondo.
Luc è l'unico che non rifiuta il percorso che porta alla morte il suo amore per il fratello. I genitori ci sono ma non possono alleviare il dolore; la ragazza cede nel momento in cui comprende la dedizione del fratello; i dottori più che intervenire, tentano una cura prima di abbandonarlo al suo destino; Luc, il minore perso in gioventù perché trasferitosi a Parigi per vivere la sua omosessualità, c'è, e ci rimane fino a che l'acqua del mare non se lo porta via.
L'amore fraterno muta in passione omosessuale per trasformarsi in odio e tornare affetto; cambia, sembra sparire, ma non muore, anzi, si ritrova proprio quando il legame di sangue che se ne va, ha bisogno di un tampone, quando è più semplice morire che leccarsi le ferite.
Il regista Chereau ci porta a stretto contatto con il nostro corpo. Ci mostra le imperfezioni, le cicatrici, i peli ai quali non è permesso di assistere all'operazione, i nei, il naso che butta sangue, un pube glabro le viscere ricucite non prima di aver buttato fuori tutto ciò che c'è di marcio, nel nostro corpo Danese.
I due attori, Bruno Todeschini ed Eric Caravaca, sono sinceri, fraterni e naturali anche nelle scene più intime, palesando che il pudore che li fa coprire non è quello dell'attore che deve ancora superare delle barriere espressive, bensì quello dell'uomo che non accetta che il proprio corpo perda la bellezza ed il fascino della salute.
Più sincero di Philadelphia nel narrare il dolore e la sofferenza, meno raccontato ma della stessa efficacia dell'episodio Medici del diario Caro a Moretti.
La tristezza dell'uomo solo di fronte alla malattia viene superata dalla gioia che dà vedere qualcuno che si prende cura di lui, anche se non riesce a cambiare il corso degli eventi.
Il film ha vinto l'Orso d'Argento per la Miglior Regia al festival di Berlino 2003.
Andrea Monti
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