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Snitch - L'infiltrato











Sono fatti realmente accaduti a rappresentare la fonte d’ispirazione per raccontare su schermo l’oltre ora e cinquanta di visione che prende il via dal momento in cui l’adolescente Jason alias Rafi Gavron, incastrato per possesso di droga, viene condannato a dieci anni di carcere, distruggendo la vita del padre John Matthews.
Ed è l’imponente Dwayne Johnson a concedere anima e corpo all’uomo d’affari che, al fine di provare l’innocenza del figlio e scagionarlo, arriva a decidere di mettersi in gioco infiltrandosi, sotto copertura della DEA, all’interno di una grossa organizzazione internazionale dedita al traffico di stupefacenti nel tentativo di incastrare il boss al centro di tutto.
Però, chi si aspetta l’ennesimo action-movie tutto adrenalina e sparatorie tipico della filmografia del protagonista di "Doom" (2005) e "G.I. Joe - La vendetta" (2013) potrebbe rimanere non poco deluso, perché solamente una volta superati i primi cinquanta minuti di pellicola comincia ad essere favorito il movimento a suon di scontri a fuoco e vite in pericolo.
Anche se, in realtà, essi continuano a essere presenti in limitatissima quantità anche nel corso della seconda parte dell’elaborato, culminante in un inseguimento conclusivo atto a coinvolgere automezzi pronti alla distruzione, ma evidentemente indirizzato tutt’altro che verso il facile intrattenimento da pop corn.
Infatti, con la vincitrice del premio Oscar Susan Sarandon nei panni del magistrato Joanne Keeghan, è chiaro che l’operazione tenda ad abbracciare più il lato relativo alla denuncia sociale che quello dell’emozione da machismo su celluloide; permettendo al protagonista di sfoderare una prova che, una volta tanto, si basa non in maniera esclusiva sulla messa in mostra dei propri bicipiti.
Ma ci si chiede per quale motivo porre il veterano stunt Ric Roman Waughn – già autore di "The specialist" (2001) e "Felon - Il colpevole" (2008) – dietro la macchina da presa di un lungometraggio che sfrutta pochissimo il proprio lato spettacolare, rivelandosi un eccessivamente lungo e lento dramma a sfondo familiare che, magari, potrebbe funzionare meglio quando proposto in televisione.

La frase:
"Combattiamo una guerra contro la droga e contro la violenza che ne consegue e questa guerra la stiamo perdendo, quindi è arrivato il momento di ribaltare situazione".

a cura di Francesco Lomuscio

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