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Snatch - Lo strappo
Guy Ritchie è noto, oltre che per essere il marito di Madonna, per aver diretto Lock & Stock, una sorta di commedia nera molto divertente. Qui ritorna "alla grande" con un film che appare come un Pulp Fiction anni settanta. Storia surreale, ma allo stesso tempo vera sia nei protagonisti che nelle situazioni. Dialoghi brillanti, a tratti geniali, ed una fotografia decisamente graffiante.
Una scalcinata banda di rapinatori decide di mettere a segno il "colpo della vita": rapinare un grossista di diamanti ed impossessarsi di un pezzo da collezionisti grande quanto una pallina da golf! Fatto il colpo rimane il problema di sistemare la merce che scotta e serve quindi un corriere adatto: Franky "Quattrodita" (Benicio del Toro). Il diamante fa gola a molti ed inizia a passare di mano in mano coinvolgendo direttamente ed indirettamente tutti i protagonisti. Le storie si intrecciano apparentemente slegate tra loro, ma con un filo conduttore quasi invisibile: il Turco (Jason Statham) e Tommy (Stephen Graham) alle prese con incontri di boxe truccati, Mickey lo zingaro (Brad Pitt) traffichino e maneggione che, tra l'altro, è un ottimo boxeur, Testa Rossa (Alan Ford) gangster con un allevamento di suini (che usa per far sparire i cadaveri), Sol (Robbie Gee) e Vinnie (Lennie James) due rapinatori scalcinati che gestiscono un banco di pegni che ricicla merce rubata. Questo campionario di varia umanità vi regalerà due ore indimenticabili.
Di fatto, comunque, la vera protagonista della pellicola resta la storia stessa piuttosto che i suoi narratori.
Il film è costruito su ritmi praticamente perfetti, mai un cedimento nella storia o un calo d'intensità; nei momenti in cui l'azione è meno serrata, assistiamo a dei dialoghi che da soli varrebbero il prezzo del biglietto: indimenticabile quello con cui i rapinatori/rabbini effettuano una disamina del cristianesimo prima di effettuare il colpo.
Il montaggio sincopato, in alcuni momenti quasi schizofrenico, unito ad una fotografia che fa largo uso di primissimi piani ed ottiche deformanti, si amalgama perfettamente al contesto. Tipicamente anni settanta i titoli di testa, colori sgargianti e grafica squadrata, che ci presentano uno ad uno i protagonisti in una lunga carrellata, scandita da un ritmo alla Shaft, che già ci da una chiara idea di ciò che sarà il resto del film.
Citazioni per tutti: controcampi dei pugili alla Rocky, con tanto di schizzi di sudore, suicidi in bagno stile Full Metal Jacket, con le indimenticabili piastrelle bianche schizzate di sangue, scene di lotta a mani nude in puro "mood" Fight Club, e poi...Pulp Fiction.
Eccellenti gli attori che lo stesso Ritchie ha scelto tra i volti meno noti dello star system (ad eccezione di Pitt che, pur di partecipare al film, ha rinunciato al suo consueto cachet di 20 milioni di dollari). Esordienti, ex-pugili, ex-calciatori: l'importante è che il loro sia il volto e l'atteggiamento giusto per la parte, più che recitarla devono viverla (o averla vissuta).
Una nota critica: Brad Pitt è decisamente un alieno (per il suo fisico) che dovrebbe essere bandito dallo schermo per non creare nelle donne un eccesso di aspettative frustrante per il resto della popolazione maschile mondiale.
Curiosità: sul set Guy Ritchie ha imposto una serie di multe per chi avesse trasgredito alle varie regole della produzione (arrivare in ritardo, far squillare un cellulare, ecc.); la parte più divertente è che lui stesso ne ha pagate la maggior parte e quella più frequente è stata perché faceva troppo il "figo".
La frase: "...Boris, il russo, storto come la falce sovietica e duro come il martello che la incrocia!"
Indicazioni:
Un "must" assolutamente da non perdere!
Valerio Salvi
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