Shrooms - Trip senza ritorno
Tre ragazzi e tre ragazze, a bordo di un furgone, in escursione tra i boschi irlandesi per andare inconsapevolmente incontro alla morte.
Prende le mosse da uno dei più sfruttati topos di quel cinema della paura indirizzato in particolare al pubblico giovanile il nuovo lungometraggio di Paddy Breathnach, il cui curriculum dietro la macchina da presa comprende, tra l’altro, le commedie "I dilettanti" (1997) e "Never better" (2001).
Ma, sebbene alcuni aspetti della trama, più che i soliti slasher-movie alla "Non aprite quella porta" e "Venerdì 13", richiamino inevitabilmente alla memoria la versione 2005 de "La maschera di cera", Breathnach sembra preferire presto una personale direzione, sostituendo i classici stereotipi delle famiglie di cannibali emarginati e degli assassini mascherati con una tematica maggiormente legata alla realtà e decisamente attuale: le tanto negative quanto pericolose conseguenze della ricerca di sballo da sostanze stupefacenti.
Già, perché, contornati dagli imponenti alberi ed alle prese anche con due inquietanti individui del posto, alcuni dei protagonisti, tra i quali troviamo la Lindsey Haun che fu tra i giovanissimi interpreti di "Villaggio dei dannati" (1995) di John Carpenter, non esitano ad ingerire dei funghi allucinogeni, rendendosi presto incapaci di distinguere le visioni da ciò che veramente accade intorno a loro.
Nel calderone, quindi, non mancano mucche parlanti, anche se ad essere tirati in ballo sono principalmente degli spettrali individui incappucciati che fanno tanto moderno horror made in japan, immersi nella curatissima fotografia del misconosciuto Nanu Segal, il quale dà il meglio nella bella sequenza della vecchia clinica abbandonata, forse la migliore di tutto il film, seppur già vista (si pensi solo a "Sospesi nel tempo" di Peter Jackson).
Peccato che, complice soprattutto un epilogo eccessivamente prevedibile e già troppe volte sfruttato altrove, "Shrooms" non riesca a consegnare allo spettatore ciò che l’interessante idea di partenza lasciava presagire, pur rimanendo un prodotto visivamente accattivante e nel corso del cui svolgimento attesa e tensione risultano sapientemente costruite e gestite.
Quindi, meglio di tanta robaccia dello stesso genere sbattuta in sala nel periodo estivo.

La frase: "Succedono cose strane nella stagione dei funghi".

Francesco Lomuscio

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