Shiner
Ci sono film che, una volta visti, lasciano una sorta di spiazzamento in noi, perché non riusciamo a capire cos'è che ce li ha fatti piacere. Certo, un film è l'amalgama di tantissime componenti, per cui molte volte è difficile scindere. Di sicuro c'è che in "Shiner", la vera "botta" alle nostre sensazioni di spettatori la dà senza dubbio l'interpretazione. Michael Caine è straordinario (chi l'avrebbe mai messo in dubbio?), Martin Landau (premio oscar, nonché comandante Koenig in Spazio 1999) lo segue a ruota e accanto a loro molti altri attori provenienti dal teatro inglese (ottima scuola) di cui vale la pena ricordare almeno Gary Lewis (Vic) che molti avranno ammirato in "My name is Joe" di Ken Loach. Basta questo tesoro per fare un buon film? Forse no, ma sicuramente aiuta.
La storia racconta di un manager pugilistico ai margini della legalità che ha l'occasione della sua vita: il figlio combatte per la selezione al titolo di campione del mondo e lui deve organizzare l'incontro. Ma chi pensa ad un film sul pugilato sbaglia di grosso. La storia si tramuta quasi subito, in una sorta di thriller.
Ambientato in una Londra poco inglese, il film si svolge, tra commedia, dramma e giallo, praticamente in 24 ore. 24 ore che per il protagonista saranno una vita.
Il personaggio interpretato da Caine (Billy Simpson "Shiner") sembra distruggere ogni cosa che tocchi. Prepotente, cattivo ma a volte simpatico deve districarsi in un mondo che non vuole capire. Non riesce a distinguere gli amici dai nemici. Pensa che gli siano tutti contro. Vive straniato dal mondo, pensando che una pistola o una spranga di ferro possano risolvere tutto.
A proposito di straniamento, sembra che tutto il film segua questo filo. A ritmo velocissimo, tutte la vite dei protagonisti si decidono in queste 24 ore. Shiner è il perno, attorno a cui girano tutti, legati in una specie di amore - odio a questo personaggio. Alla fine sembra quasi che lui sia soltanto un debole. C'è un rovesciamento essenziale dalla figura di padre - padrone a quella di figlio incosciente e senza difese in un mondo che non può che essere doloroso tanto è finto. L'ultima parola del film, Stoney (il nome di una delle guardie del corpo), rivelerà il bisogno di Shiner di qualcuno che lo riporti sulla terra e lo conduca fuori da quel falso mondo di sogni che si era costruito. Tutto questo però succede troppo tardi.
"Shiner" è la storia di un fallimento durato una vita, nel quale i pugni, invece di essere scagliati, sono stati soltanto incassati, ma almeno non c'è stata l'umiliazione del lancio della spugna.

Renato Massaccesi

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