Shelter - Identità paranormali
Dunque, durante il primo quarto d’ora facciamo conoscenza con la psichiatra Cara, la quale, con le fattezze della Julianne Moore de "I ragazzi stanno bene" (2010), arriva a scoprire che un suo paziente interpretato dal Jonathan Rhys Meyers di "From Paris with love" (2010) è affetto da problemi di personalità multipla.
Poi, man mano che scopriamo che tutte le personalità dell’uomo sembrano essere state vittime di brutali omicidi ed entra in scena anche il personaggio della signora Dita Bernburg, con il volto di Frances Conroy, l’intrigo comincia ad infittirsi e, mentre si cerca di capire se lo strano fenomeno sia di natura soprannaturale o semplicemente riconducibile ad allucinazioni, non manca neppure il ritrovamento di un cadavere.
Ma, se la Moore, immersa nella grigia atmosfera autunnale enfatizzata dalla bella fotografia di Linus Sandgren e impegnata a proteggere la figlia dal pericolo, sembra sotto certi aspetti richiamare alla memoria il suo personaggio interpretato in "The forgotten" (2004), bisogna immediatamente precisare che il primo lungometraggio americano firmato dagli svedesi Måns Mårlind e Björn Stein non arriva neppure a sfiorare i guardabili risultati della pellicola fantascientifica diretta da Joseph Ruben.
Infatti, complice con ogni probabilità la loro lunga esperienza nell’ambito del piccolo schermo, del tutto assente sembra essere la capacità di generare attesa nel corso della prima, estremamente lenta, parte del film, turbata soltanto dai pochissimi momenti in cui Jonathan Rhys Meyers finisce preda di spasmi proto-"L’esorcista".
Quindi, ci si annoia di brutto e la situazione non migliora neppure una volta giunti alla rivelazione finale, in seguito alla quale ci rendiamo conto del fatto che sono troppo pochi gli eventi tirati in ballo dallo script di Michael Cooney, sceneggiatore dell’ottimo "Identità" (2003), per coinvolgere in maniera efficace lo spettatore nel corso della quasi ora e cinquanta totale.
E la forte impressione è quella di trovarsi dinanzi alla rilettura senza occhi a mandorla di un horror orientale d’inizio terzo millennio, filone che ha finito per mostrare la corda già poco dopo la sua esplosione.

La frase:
- "Chi è? Chi sta arrivando?"
- "Il Diavolo".

Mirko Lomuscio

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