Doppio Gioco - La verità si nasconde nell'ombra
Dal regista di due splendidi documentari come "Man on Wire" e "Project Nim" (entrambi presentati, in passato, nella sezione Extra del Festival di Roma) ci si aspetta sempre qualcosa di particolarmente originale e alla fine, quando non arriva, si rimane un pochino delusi. E’ questa la sensazione finale che coglierà lo spettatore di "Shadow Dancer" thriller sullo sfondo della guerra all’Ira degli anni ‘90 con Clive Owen nei panni di un agente inglese e la brava Andrea Riseborough in quelli di una terrorista ora diventata informatrice di polizia. Nell’accordo che i due fanno (io ti proteggo, tu mi dici quando e dove l’Ira colpirà ancora) c’è qualcosa che non torna. La copertura di lei viene, infatti, subito bruciata da un’azione di polizia abbastanza "strana": chi e perché l’ha ordinata? Cosa si vuole realmente nascondere?
Parlavamo di un pizzico di delusione all’inizio. Sia chiaro, "Shadow Dancer" è un film dignitoso, non ha cadute di tono né nella forma né nella sceneggiatura (e già questo non è male visto che si parla di un thriller), ma allo stesso tempo non ha mai un guizzo, una scena da ricordare (giusto il finale) o una riflessione non ancora fatta sullo stesso argomento (l’Ira, la protezione testimoni, il terrorismo e il doppio gioco). Per buona parte della sua durata, non è chiaro dove si voglia andare a parare e la soluzione dell’enigma finale è risolta facendo un paio di telefonate e una ricerca sul computer. La tragedia mostrata nel prologo è uno spunto che non viene abbastanza sviluppato nel proseguo del film, quasi che quel che successe qualche anno prima sia sufficiente a spiegare la completa adesione all’Ira di tutti i componenti della famiglia. Il risultato è una pellicola che sembra vada di fretta, non si prende il tempo di spiegare i suoi personaggi né i contrasti che animano le proprie azioni e decisioni, vedibile, ma facilmente dimenticabile dopo poco.
La frase:
"Io non lascerò che nessuno ti faccia del male".
a cura di Andrea D'Addio
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