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Schiuma d'onda
Dover dare un giudizio ad un elaborato come Schiuma d'onda non è sicuramente impresa facile per il critico cinematografico, considerata la complessità del materiale in questione. Dedicato al compianto Massimo Pirri, regista, tra l'altro, di "Italia ultimo atto" (1977) e "Meglio baciare un cobra" (1986), trattasi dell'opera prima di Luigi Spagnol, sceneggiatore oggi attivo in televisione, tra "Carabinieri", "Linda e il brigadiere" e "Il bello delle donne", ma che i seguaci del nostro cinema più oscuro ricorderanno sicuramente per aver curato lo script di due pellicole che hanno avuto vita molto difficile: il dramma sentimentale "Rito d'amore" (1989) di Aldo Lado ed il thriller erotico "Vortice mortale" (1993) di Ruggero Deodato.
Girato in digitale, il lungometraggio si riallaccia alla tradizione del film ad episodi, privilegiando un segmento principale, che è quello che poi da il titolo all'intera operazione, in cui il bagnino Sergio, con il volto di Alberto Bognanni, dopo aver pescato tra le onde marine una bottiglia contenente un allettante annuncio matrimoniale, fa conoscenza con la mittente Mara, interpretata da Martina Melani, a detta sua spirito elementale denominato ondina. Ed è a partire da questa figura, donna che ha bisogno di sposarsi per acquistare un'anima immortale, che la pellicola si lascia interpretare come metafora sulla ricerca dell'amore eterno, mentre vengono introdotti gli altri due episodi: "Refrain", incentrato su una ragazza muta che accetta di rincontrare un anziano malvivente colpevole di averla violentata in passato, e "Nel sonno", le cui protagoniste sono due sorelle con la fama di streghe che rinunciano alla vendetta nei confronti di un sacerdote, il quale, prima di prendere i voti, fece innamorare di sé, fino alla follia, la loro psicolabile sorella minore.
L'ossessiva colonna sonora di Florindo Cimei e Raffaele Tatti, insieme alla cupa fotografia del veterano Adolfo Bartoli, spesso dai colori desaturizzati, rientra sicuramente tra i pregi di un prodotto a bassissimo costo che, concepito con l'intenzione di realizzare un film fantastico senza fare ricorso ad effetti speciali, ricorda non poco un certo cinema morboso - esoterico tricolore degli Anni Settanta, anche se Spagnol, la cui principale attività di sceneggiatore è intuibile dal grande spazio che viene dato ai dialoghi nel corso della narrazione, annovera "Rosemary's baby" di Roman Polanski tra i titoli che lo hanno ispirato. Le generosamente nude interpreti, tra le quali segnaliamo la bellissima Gilda Lapardhaja, contribuiscono in maniera efficace nel far emergere il notevole lato erotico di quello che si presenta come un non facile racconto pseudo-onirico per immagini in movimento, a tratti inquietante, ma non privo di ironia (anche se a volte c'è il sospetto che si tratti di comicità involontaria), i cui difetti sono riconducibili sicuramente alla limitatezza di budget, recitazione da soap - opera inclusa. Quindi, un biglietto da visita registico visivamente interessante, ma forse troppo ambizioso, il quale dovrebbe spingere il suo autore a scegliere, per la buona continuazione di futuro dietro la macchina da presa, soltanto una delle due strade percorse nell'esordio: quella del genere o quella di un cinema strettamente autoriale.
La frase: "A molti le ondine fanno paura".
Francesco Lomuscio
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