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Sandrine nella pioggia











Già nel corso dei titoli di testa, apre con una sparatoria post-rapina sotto la pioggia il sesto lungometraggio firmato dal romano classe 1957 Tonino Zangardi, autore, tra gli altri, di "Allullo drom - L’anima zingara" (1992) e "Prendimi e portami via" (2003), sceneggiato dallo stesso regista insieme all’Angelo Orlando cui dobbiamo "L’anno prossimo vado a letto alle dieci" (1995), "Barbara" (1998) e "Sfiorarsi" (2006).
Sparatoria in cui perde la vita la giovane Martine alias Elsa Mollien, che scopriamo essere stata uccisa da una pallottola proveniente dalla pistola di Leonardo, poliziotto con le fattezze di Adriano Giannini, il quale decide di abbandonare le armi, ritirarsi a lavoro d’ufficio e portare avanti la sua relazione con Giuliana, interpretata dalla Goya Toledo di "Killing words-Parole assassine" (2003).
Perché, con i veterani Luca Lionello, Alessandro Haber e Monica Guerritore coinvolti nel cast, il film di Zangardi vuole essere un racconto su celluloide riguardante il senso di colpa, la rappresentazione del mistero che c’è in ogni incontro importante della nostra vita, man mano che l’esistenza del protagonista viene stravolta dalla tanto bella quanto strana giovane Sandrine, cui concede anima e corpo la Sara Forestier de "La schivata" (2003), misteriosamente comparsa sulla sua strada e destinata a non rimanere una conoscenza come tante.
Una sorta di noir sentimentale che, continuamente giocato sull’attrazione illogica tra due individui predatori di quello che è sempre mancato al proprio quotidiano vivere, privilegia non poco la metafora mentre pone lo spettatore in uno stato di attesa nei confronti di ciò che dovrà accadere a Leonardo, immerso nei contrasti della bella ed efficace fotografia per mano di Giovanni Mammolotti.
Infatti, con una prova del cast maschile decisamente superiore rispetto a quella sfoggiata dal comparto femminile, se dovessimo indicare il maggiore pregio del film di Zingardi, sceglieremmo di sicuro le curate ed affascinanti immagini; annoverando, invece, il suo peggior difetto nella narrazione eccessivamente lenta, che finisce per distogliere nei confronti dell’avanzamento dei circa 102 minuti di visione... di non facilissima comprensione.

La frase:
- "Sei arrivato al capolinea?"
- "Cerco di sopravvivere".

a cura di Francesco Lomuscio

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