Goodbye Dragon Inn
Un cinema di quart'ordine dove proiettano "Goodbye Dragon Inn". Una manciata di spettatori che definire inquietanti è poco. Una bigliettaia zoppa che deve pensare a tutto. Questi sono gli elementi del nuovo film di Ming - Liang Tsai. E la storia? La storia non c'è. O meglio, c'è un sotto - storia che è la storia del cinema. Un cinema che scompare piano piano.
Il film di questo autore è principalmente un omaggio. Ma è anche metacinema, ovvero cinema che parla di sé. La pellicola dura poco meno di un'ora e mezzo eppure sembra che duri mezza giornata. Qui è tutto dilatato ai massimi livelli. La maggior parte delle inquadrature è realizzata con la macchina presa fissa su personaggi che stanno praticamente fermi. I dialoghi sono soltanto due e durano ognuno un minuto circa. Detta così può sembrare una mattonata. E invece tutto ha un senso.
Questa lentezza che ha del disumano serve soltanto a rallentare la chiusura del cinema che è la chiusura del sogno. "Un sogno dentro a un sogno" diceva Pier Paolo Pasolini, ed in effetti qual' è il film che stiamo vedendo? Quello sullo schermo dentro lo schermo, che per l'appunto si chiama "Goodbye Dragon Inn"? O quello sullo schermo fuori dallo schermo che per l'appunto si chiama "Goodbye Dragon Inn"? Lo so che è difficile districarsi in questa situazione quasi pirandelliana, eppure, ripeto tutto ha un senso.
La lentezza, forse, è quella della vita stessa che si ostina a non correre appresso a tanta robaccia per poter rimanere sicura delle proprie radici. Una lentezza che crea nel film quasi dei quadri (che assomigliano a delle nature morte ma non lo sono). Se il cinema è per sua stessa natura, "movimento", allora questo film è vita. Ma allo stesso tempo è anche cinema: in fondo c'è uno schermo, anzi due.
D'altra parte anche la sensazione che il film lascia ("il dopo"), cresce molto lentamente. Già dopo mezz'ora il film sembra irritante per quanto è statico. Dopo però, quando si esce dal cinema, è come se avessimo vissuto un'esperienza diversa.
Il fatto è che il film conserva i ritmi già lenti (almeno per noi occidentali) di molto cinema orientale, rallentandoli ulteriormente. E tutto questo è raccontato, non in maniera spocchiosa o fredda, anzi c'è un'esplicita sensazione di commozione e ironia, elementi che, anche loro, hanno contribuito a far sì che il sogno del cinema nascesse.
Ed è per questo che lo sentiamo così vicino alla nostra vita.

Renato Massaccesi

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