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Ruby Sparks











Non è di tutti i giorni il caso di una sceneggiatrice, Zoe Kazan, che interpreta anche il ruolo principale del film; è strano come il film in questione che certamente si presenta sotto il segno dell’originalità con una leggera sfumatura ‘indie’ per i toni che usa. Senza inoltrarci nelle trama, certamente non si può celare il sorprendi mento che suscita la storia e le sue diramazioni. Questo è uno dei pochi film di cui difficilmente si indovina l’epilogo, spesso non all’altezza delle aspettative che suscita; è appunto questo il caso, in cui la sceneggiatura scivola su troppa sdolcinatezza volendo inserire, quasi con la forza, un happy end che poteva mancare e senza togliere nulla alla bellezza del film, anzi aggiungendo forse un pizzico di incertezza. Si potrebbe cercare un simbolismo adeguato all’arco narrativo del film, ma ridurre tutto ad un singolo significato sarebbe un peccato: l’aspetto più intrigante è proprio nel poliedrico senso del film che stimola una nuova ottica ogni momento.
L’innamoramento, il rapporto di coppia, la creatività e la creazione, il senso di colpa e quello di potere, la solitudine, l’immaginazione: tutti enormi concetti capaci di contenere al loro interno decine e decine di storie, sono tutti sollecitati dal film; inizialmente sfiorati con un tocco leggero e appena accennato, aspetto sottolineato dai dialoghi da toni da commedia e successivamente approfondito sempre più da colori che diventano via via più cupi, drammatici, e che accostano il film quasi ad una poetica esistenzialistica fortemente tragica. Il rapporto tra i due protagonisti si evolve sul binario dell’irrealtà per sfociare poi nella realtà più nera: una grande metafora per un rapporto che nasce con la poesia dell’innamoramento e termina nella bruta realtà tagliente? Potrebbe essere una lettura, certamente troppo rigida per poter esprimere la poetica del film che non va spiegato, ma goduto. Un’ottima prova per i registi di "Little miss Sunshine", altro gioiello che ha allietato con le sue stranezze; possiamo parlare di una nota stilistica? Una nota finale la meritano senza dubbio Banderas e Bening che colorano il clima da commedia che inonda la prima parte e riescono benissimo in questa loro bizzarra performance.

La frase:
"Non è reale! Non è reale! Non è reale!".

a cura di Matteo Brufatto

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