Roberto Succo
Il film racconta una storia vera: quella di Roberto Succo, un italiano che nel 1981, dopo aver trucidato i suoi genitori, viene rinchiuso in un manicomio criminale dal quale fuggirà dopo cinque anni di detenzione.
Il film, dopo un prologo in cui assistiamo alle macabre immagini dei corpi straziati dei genitori, inizia descrivendo l'incontro tra Roberto Succo e Lea, avvenuto nel Sud della Francia. È qui che Roberto si è rifugiato assumendo una nuova identità e vivendo di espedienti e piccoli furti. Lea, probabilmente, è l'unico essere umano che Roberto abbia amato o, per lo meno, l'unico essere umano nei confronti del quale abbia provato un sentimento simile all'amore. È l'unica persona che riesce a sfuggire alla scia di sangue che la contorta e violenta personalità di Succo lascia dietro di sé.
Il regista Cédric Kahn ("La noia"), realizza questo film traendolo da un romanzo dello scrittore francese Pascal Froment. Racconta, nella maniera più fedele possibile, la storia degli omicidi e delle violenze compiute da Succo nei due anni compresi tra la sua fuga e la sua tragica fine in un carcere italiano. Si intuisce lo sforzo del regista nell'attenersi rigorosamente alla cronaca per non cadere nell'errore (e nella tentazione...) di fare di Succo una sorta di eroe romantico in fuga, braccato dalle polizie di mezza Europa. Lo si percepisce nello sguardo pietoso delle vittime, negli sforzi volitivi degli inquirenti alle prese con un criminale che semina omicidi su un percorso di morte che va dalla Provenza alla Savoia, dalla Svizzera al settentrione d'Italia.
Ma chi è Roberto Succo in realtà? Non è un criminale abituale, anzi, possiede una sua morale nebulosa e tortuosa dalla quale è capace addirittura di astrarre regole di comportamento. Non è un terrorista, pur esprimendo elementari e magmatiche idee politiche. Non è un pervertito, è pervaso da una sessualità incompiuta, infantilmente confusa. Certamente Succo era un malato. Lo rivelano gli occhi infossati e allucinati dell'attore che lo interpreta, Stefano Cassetti (attore non professionista, incontrato quasi casualmente dal regista in un bistrot di Parigi). La malattia di Succo si percepisce nei contraddittori dialoghi con Lea (l'attrice francese Isilde Le Besco, "Sade"), dallo schizofrenico rapportarsi con le sue vittime, un misto di violenza e tenerezza, repulsione e attrazione. La si comprende nei continui cambi di identità, nell'ossessiva rappresentazione fotografica del proprio viso. In questo, il film colpisce nel segno, rendendo con precisione e accuratezza il profilo di una persona gravemente malata e descrivendo le sue insensate imprese criminose. Azioni senza senso e quindi, come tali, terribilmente pericolose. L'opera, invece, mostra i suoi lati deboli nel ritmo, eccessivamente lento e in una narrazione priva di sussulti ed incapace di trasmettere emozioni. Una piano e rilassante modo di riprendere che stride con i contenuti forti e truculenti della storia che si sta raccontando. Una scelta stilistica non del tutto condivisibile.

Das

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