Ripper - Lettera dall'Inferno
Era una notte buia e tempestosa...Molly Keller (A.J. Cook - Final Destination 2) si ritrova ad essere l'unica sopravvissuta ad un violento massacro che coinvolge tutti i suoi amici. Segnata profondamente da questo episodio, la ritroviamo qualche anno più tardi studentessa di un corso (che potremmo verosimilmente intitolare "Come catturare un serial killer") diretto da Martin Kane (Bruce Payne - Dungeons and Dragons), autore di chiara fama e vecchio "cacciatore" pentito di assassini seriali. Per seguire le direttive del suo professore, la ragazza partecipa ad un gruppo di studio, ma dopo qualche giorno un misterioso assassino inizia a seminare il panico fra gli studenti. I ragazzi del gruppo di Molly vengono trucidati uno per volta. Il modus operandi del mostro è speculare a quello usato nel secolo scorso dal famigerato Jack lo squartatore (Jack the ripper), padre di tutti i serial killer moderni. All'inizio riluttante, poi sempre più coinvolta, Molly cercherà di aiutare il detective Kelso (Jurgen Prochnow - The boat) a risolvere l'intricato caso. Ma, come afferma il prof. Kane, per capire come e perché un assassino si mette all'opera, occorre uscire fuori dagli schemi...
Inizio entusiasmante con arie fosche, tempeste, posti isolati e quel pizzico di blasfemia che in un horror non guasta mai. Prosieguo meno accattivante, ma comunque ricco di suspense e colpi di scena (non proprio inaspettati, ma montati con sequenze rapide e tagli particolari che contribuiscono sicuramente a tenere alto il ritmo): si presenta così la prima pellicola di questa nuova casa di distribuzione, la Moviemax, che vanta nel suo carnet ancora altre 6 opere dello stesso genere. Il film è quasi uno studio interiore della protagonista, nel quale però, l'incubo pur rendendosi palese e riconoscibile, rimane sempre confinato in una zona d'ombra fra realtà e illusione. Non sapremo mai quanta parte di ciò che abbiamo visto sia reale e quanto sia frutto di una sensibilità alterata dall'angoscia.
Ritorna il tema della coscienza che si sdoppia, del sospetto che crea vittime innocenti, della solitudine incolmabile e incomprensibile. Siamo nel bel mezzo di un perfetto canovaccio horror, solo che manca quel quid capace di far decollare la pellicola e lasciare lo spettatore atterrito sulla propria poltrona. I rimandi ad altri film del genere sono inevitabili, così come sembra inevitabile per lo sceneggiatore cadere in luoghi comuni che ormai non spaventano più nessuno (chi non sa che quando è in corso un temporale, in ogni film horror che si rispetti salta la linea telefonica?). Tutta la prima parte del film assume spesso i toni di un rapporto medico, che tenta di indurre nello spettatore un senso di veridicità, cui fa contrasto l'elemento irrealistico introdotto nella seconda parte. Le musiche dark, i graffiti sul muro, l'abbigliamento da ribelle non contribuiscono certo a rendere più plausibile l'atteggiamento della protagonista, così come l'aria saccente e le cicatrici non rendono più simpatico il professore. I riferimenti a Jack the ripper potevano evitarsi, in quanto inutili e scontati, mentre sarebbe stato più interessante tener conto di opere letterarie visionarie e sempre poco sfruttate, come ad esempio quelle di E.A. Poe o quelle di A. Bierce.

Teresa Lavanga

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